Archivio

Archivio per la categoria ‘porn liberation front’

sorrisi verticali

13 Luglio 2010 15 commenti

presentazioni

Una sera a cena mi parlano bene di un libro (Sii bella e stai zitta. Perché l’Italia di oggi offende le donne) di Michela Marzano, filosofa. Non la conoscevo. Sfoglio e trovo un capitolo sulla pornografia e tra il secondo e il dessert mi sono già fatto una pessima idea. Dopo questo incontro fortuito ho visto la scrittrice-filosofa da Gad Lerner e in qualche altra trasmissione, all’improvviso i media italiani scoprono una paladina del femminismo relegata in gallia e che ora ha attraversato le alpi come una novella Annibale accademica.
A Marzano garba poco il porno ma non è questo ad infastidire, è una posizione rispettabile; è piuttosto lo sguardo morale che getta su un mondo che conosce a malapena e che giudica solo per le evidenti ed innegabili escrescenze purulente presenti sul corpo della macchina pornografica ad infastidire.
Marzano non distingue gli effetti del sistema produttivo hardcore dall’attitudine alla sessualità hardcore.

la macchina dello sfruttamento

Per molti aspetti la sua posizione è bizzarra quanto incoerente. Non prende ad esempio posizione sul difficile problema delle donne col velo (hijab e niqab) dicendo, vado a memoria, che ci sono casi in cui la donna sceglie serenamente di portare il velo per proprie convinzioni cultural-religiose e si sente da esso tutelata, protetta dall’invadente sguardo maschile però è pronta ad affermare che il mondo dell’hard è tutto violenza e sottomissione femminile*. Forse perché la sua esperienza pornografica ruota solamente attorno alla “silicon valley” di Los Angeles e non alle autoproduzioni dal basso, sovente gestite da donne (vedi seven minutes in heaven, indieporn etc…) o l’illuminante, recente, esempio di rielaborazione e riappropriazione del porno: il laboratorio di postpornografia multimediale, tentativo di svincolare la produzione erotica dalla gogna fascistoide di cui è spesso vittima.

Sarebbe come dire che tutto il mondo della prostituzione è sfruttamento… per carità, la maggior parte lo è, ma diverse rappresentanti di gruppi di prostitute sono pronte ad affermare che esistono anche donne che scelgono liberamente la professione. Il vero problema è se da una posizione morale si è disposti ad accettare che esistano donne che autodeterminano il proprio uso del corpo nelle formulazioni che a loro più aggradano. Se da un lato l’uomo machista desidera la donna-puttana, dall’altro, la donna moralista è pronta ad accettare la sconvolgente realtà che esistano delle donne a cui piace essere puttane?

Prosegui la lettura…

grey’s anatomy

2 Dicembre 2009 Commenti chiusi

Sasha Grey shot by kernA Sasha Grey piace Godard. Anche a me piace Godard.

Sasha Grey è stata fotografata da quel genio punk di Richard Kern. Io no, ma mi piace Kern.

E’ una porno attrice che mescola tratti di consapevolezza alla Annie Sprinkle (sebbene ne sia purtroppo molto distante) con una spiccata attitudine nerd-mediatica anarcoide. D’altronde è giovane ed è nata con una tastiera sulle ginocchia.

Fautrice del sesso estremo, già questo fa simpatia, ha appena girato un film a basso costo per Sodebergh e probabilmente sarà una cazzata di film a giudicare dal trailer. Però lei è la ragazza porno della porta accanto (come evidenzia Kern), anzi, nella foto a fianco deve averle detto "adesso ti faccio uguale a Daria Bignardi".

Sasha è la dirimpettaia a cui chiedi lo zucchero e alla fine si finisce a parlare di come fare un buon clistere.  

 

–> sito ufficiale

–> sito non ufficiale 

–> video biografia

–> intervista sul nuovo film

–> foto di Richard Kern

–> foto varie

–> video online: the kinky sex slave

–> altro materiale intellettuale

[–> bonus per i trekkers]

mi piace ricordarla così:

Prosegui la lettura…

fotocopia anatomica

24 Novembre 2009 1 commento
copy_slut1

Tutti ci abbiamo messo almeno una mano. A pensarci bene pure la faccia; sicuramente. Da lì a capire che ogni parte del corpo è fotocopiabile il passo è breve. "Tutto quello che proietta ombra è fotocopiabile" deve aver pensato il signor Xerox.

L’essere umano è di poco sopra al bonobo nella scala evolutiva per il semplice fatto che oltre ad impiegare utensili ne rileva quasi immediatamente il risvolto ludico, più spesso sessuale. Si pensi al vibracall.
La fotocopiatrice accompagna le nostre grigie vite di colletti bianchi da ormai 25 anni, ed è l’emblema della riproducibilità all’infinito di un oggetto in due dimensioni. Se si volesse fotocopiare un oggetto a tre dimensioni (o più, se qualche fisico si trovasse a leggere questo post) si dovrebbe rinunciare almeno ad una di esse. Il risultato è lo schiacciamento di profondità. Schiacciamento e deformazione per l’esattezza. La fotocopia di una parte anatomica risponde alla domanda "come mi vede un oggetto su cui mi appoggio?"… o più semplicemente sottolinea che Secretary è solo un film e che il resto è noia onanistica. Pura fenomenologia eliografica.

Prosegui la lettura…

d’amore si vive

14 Ottobre 2009 4 commenti

c’era una volta la Polaroid

13 Marzo 2009 5 commenti

Prima che il mondo cedesse al digitale ad ogni costo, rinunciando alla tattilità e ai sapori, l’unico modo per produrre porno casalingo a basso costo e senza subire violazioni della privacy da parte degli stampatori di foto era la Polaroid.
Lo svilupparsi lento dello scatto polaroide determinava un momento magico fatto di sventolii e bambini che si accalcavano per veder comparire l’immagine fotostatica per poi strapparsela di mano in mano. Si assisteva a bocca aperta al processo chimico della creazione dell’immagine. Abbatteva i tempi di sviluppo e stampa ma allo stesso tempo imponeva un rituale di gruppo, un’attesa silenziosa e concitata definita dalla invisibile reazione di iodio e polimeri. Era già incorniciata nel suo involucro di sviluppo, come una foto marsupiale.
Tutti i professionisti dell’immagine la utilizzavano per pre-vedere lo scatto o la ripresa finale. Era già inconsapevolmente uno strumento di virtualizzazione.
Ora pare che smetteranno di produrre la pellicola istantanea, restano tutti quegli scatti che per i loro colori acidi e virati al rosso, il bordo nero come si guardasse attraverso il buco della serratura, dettano il ricordo cromatico degli anni ’70.

Prosegui la lettura…

nazi fashion

12 Marzo 2009 1 commento

C’è una strofa della poesia Papà di Sylvia Plath che mi ha sempre fatto riflettere: "Non un Dio ma svastica nera / Che nessun cielo ci trapela. / Ogni donna adora un fascista / La scarpa in faccia, il brutale / Cuore di un bruto a te uguale." Sofferenza, una sofferenza che la portò al suicidio ma soprattutto la denuncia di un vincolo difficile da spezzare, il meccanismo patriarcale. Il doppio vincolo che incatena, plasma e riproduce se stesso.

Una sera, mio malgrado, mi sono ritrovato seduto di fronte ad un giovane fascista, sbronzo. Uno di quelli che tenta di convincerti che in fondo destra estrema e sinistra hanno le stesse prospettive, etc… nella sua microcefalica visione mi ha poi sparato una frase illuminante ed intelligente che ho subito appuntato: "In una società omologata essere di destra dà più piacere". Poche frasi condensano così bene tomi e tomi di psicologia sociale. L’edonismo postmoderno, il nuovo desiderio di tranquillità sociale e benessere è il nuovo ordine sociale di cui si fa carico la destra… e i ratti seguono il pifferaio magico.

Prosegui la lettura…

Obama, il jazz, il porno

26 Novembre 2008 8 commenti

Da diverso tempo avevo in mente alcune considerazioni circa il colonialismo, i neri, il razzismo; per forza di cose sono osservazioni del tutto soggettive. Nel tempo si sono sommati diversi elementi, cocci di un vaso in frantumi, che credo possano formare la traccia per un percorso di confusa riflessione. Non intendo tralasciare la provocazione pura e il gusto dell’iperbole, dell’esagerazione quasi gratuita, per provare a ridefinire un concetto abusato e mal interpretato quale il binomio razzismo-antirazzismo. Questo bizzarro percorso di degustazione della razza inizia dalla storia del jazz passa attraverso il neocolonialismo, intridendosi di storia della fotografia, fino ad arrivare senza grossi sforzi al porno, il tutto sotto il segno dell’opinione personale, orrendo vizio condannato da Platone. Mi scuso solo per la lunghezza della dissertazione che non è certo una mia caratteristica.

A a bronzatissimo
Come sempre arrivo tardi, ma arrivo. Mi risuona in testa, da giorni, la frase "Giovane, bello, abbronzato". Per Berlusconi Obama è questo. Rifletto su questa battuta, chiamiamola così, che puzza di razzismo; so che l’ha sparata grossa, ma qualcosa mi sfugge. Voglio credere alla buona fede del primo ministro (e credo che la provocazione inizi già qui), ma mi spiego.
Berlusconi è un uomo vittima della sua stessa proiezione catodica. Lui non si guarda in uno specchio, si guarda nella televisione, e la televisione è l’accesso all’immagine mentale che ogni cittadino ha di lui. Lui vede ciò che è nella testa dell’italico popolo bue. E’ una semplice questione di propaganda e vittime della propaganda. Berlusconi è pelato e nano. Vuole essere alto e capellone e in qualche modo (l’inganno estetico è qualche modo) ce la fa. Questo mi rende certo del fatto che Berlusconi invidi il colore della pelle di Obama. E lo invidia in quanto gli appare abbronzato. Esattamente come invidia il fatto che è più piacente di lui ed è pure alto e coi capelli, e lo invidio pure io! In definitiva: Obama non deve mettersi il cerone che si deve mettere il cavaliere. Allora dove sta lo sgomento rispetto alla battuta infelice uscita dal nano di Arcore? Forse che dire "abbronzato" in realtà è un non-riconoscere l’identità altrui, l’essere mezzo keniota di Obama, la sua negritudine, le radici, le radici su cui insisteva il Black Panther Party; è un’attitudine riduzionista e in quanto tale razzista, cioé non ne marca riconosce la differenza, la riduce a bizzarria estetica.
Avevo scritto "marca", ma credo che anche il marcare ad ogni costo sia elemento di razzismo. Sono cresciuto a pane e film di Spike Lee e non ho mai concepito il fatto che solo un afroamericano potesse chiamare "negro" un suo compare dalla pelle scura. C’è una divertente scena di questo tipo in Clerks 2. Cioé se un bianco dice negro, o parla di culo nero (Clerks 2),  allora è razzista, se lo dice un tizio con geni africani invece è "yo, cool, brother". Non ci siamo, proprio. Il moralista non dice mai "negro", si sente sporco e colonialista, fino a fine anni ’80 lo dicevamo tutti, poi magari quando vede la famiglia di senegalesi agghindati per la festa li guarda come fenomeni di esotismo altermondialista… e "come ci si diverte alla Festa dei Popoli". Se un tedesco mi taglia la strada, lo appello mangiacrauti di merda, o crucco. Se un africano mi taglia la strada in auto a cosa penso? Prendo la prima differenza tra me e lui, il colore, lo amplifico, e ci aggiungo "di merda". Non mi sento razzista per questo, mi sento razzista se penso "negro di merda" e me lo rimangio perché sono di sinistra. Poi scendo e ci faccio a pugni, come se fosse un tedesco abbronzato…
Il razzismo nasce quando marco una diversità fisico-culturale o quando la annichilisco del tutto e a tutti i costi. Vizi rispettivamente di destra e di sinistra. Il meccanismo è molto più sottile di quanto si immagini. Il povero Gramsci, e l’ho già scritto da qualche parte, diceva che la cultura non è borghese, è l’uso che ne fa la borghesia a renderla tale.

Prosegui la lettura…

la fine della pornofilia hippie

10 Novembre 2008 Commenti chiusi

Incollo, per cortese concessione dell’autore, Carlo Mazza Galanti, un interessante articolo apparso su Alias l’8 novembre 2008.

Una nota agenzia di monitoraggio del web ha recentemente registrato il sorpasso del porno da parte del "social network". Piuttosto che rassicurare i benpensanti il dato potrebbe far riflettere i più disincantati: l’insicurezza costitutiva della società post-tradizionale provoca ossessione sessuale allo stesso tempo che relazionalità compulsiva e ipermediatizzata. Il soggetto moderno descritto dai sociologi, incapace di sostenere il "progetto autonomistico e riflessivo dell’io" (Giddens), naviga tra la rete dei simulacri relazionali ed il luminoso ed effimero appagamento del pornoerotismo. Alla ciclicità meccanica delle sequenze hard (ormai private dal web di qualsiasi contenuto narrativo e simbolico: pura coazione a ripetere visiva) si accompagna la connettività come ideologia postmoderna dello stare insieme stando soli. Così potrebbero ragionare i più pessimisti. Di certo, l’immagine della sessualità e della pornografia che emerge in molta della letteratura più recente non si discosta troppo da questa cupa prospettiva. Sugli scaffali delle librerie italiane allignano in questi giorni alcuni romanzi che affrontano il tema. In nessuno di questi pare esprimersi una considerazione della pornografia orientata nel senso della liberazione sessuale, del sesso felicemente trasgressivo, della riappropriazione del corpo e del godimento. Nessuna reminiscenza pre o post-sessantottina sostiene un immaginario pornografico apparentemente spogliato dei suoi trascorsi contenuti rivoluzionari, assai distante dalla pornofilia hippie degli anni ’70 e da qualsiasi forma di progettualità sessuopolitica. Neppure sembra affacciarsi in queste narrazioni il paradigma nichilistico dell’erotismo sadiano-batailliano. La negatività del sesso demoniaco, maledetto, è neutralizzata dalla sua iscrizione nelle dinamiche dello shopping erotico e dalla sempre più dettagliata e orientata specificazione dei target del mercato pornografico, capace ormai di farsi carico di ogni perversione. La mercificazione del sesso ha scavalcato le preoccupazioni femministe per realizzarsi infine nell’inquieto appiattimento edonistico di cui parlava, più di trent’anni fa, Pasolini?

Prosegui la lettura…

Categorie:porn liberation front Tag:

Piacere Dolore Potere – reprise

17 Gennaio 2008 27 commenti

Ricordo un’introvabile intervista fatta a Edoardo Sanguineti in cui gli veniva chiesta un’opinione rispetto alla pornografia. Rispose qualcosa come “sì, la pornografia e il femminismo, due grandi conquiste… ma alla fine bisogna sempre ragionare in termini di lotta di classe”.
Partiamo da qui e da un capitolo (il XX, “Un affare di ricchi?”) fin troppo sbrigativo, del libro di Traimond. Si parla in esso di uno studio del 1995 condotto dal sociologo Thomas Weinberg e intitolato “Studies in Dominance & Submission” in cui di tenta di affrontare un’analisi sulla classe di provenienza dei sadomasochisti praticanti. Come giustamente nota Traimond, la cosa è piuttosto difficile da rilevare vista la riservatezza di chi usa la frusta e di chi si fa frustare, essendo una situazione ancora underground. D’accordo con Weinberg, comunque, dedicarsi all’SM richiede sicuramente tempo e si sa cosa significhi questo in una “società amministrata” come la nostra. Credendo ci fosse del vero ho condotto una mia a-scientifica indagine all’interno di una comunità SM online.

Prosegui la lettura…

dirty lovers

11 Gennaio 2008 Commenti chiusi

Sicuramente i giovanissimi ignorano la portata rivoluzionaria che rappresentò la Polaroid nella produzione di porno amatoriale. Le foto si autosviluppavano senza l’intermedizione pruriginosa dello stampatore di fiducia che ne avrebbe certamente fatto una copia per le serate solitarie.
Le riviste dedicate agli annunci pullulavano di polaroid casalinghe che testimoniavano la fisicità dell’inserzionista. Era un altro mondo, fatto di bricoleurs e colori pastello sbiaditi, oggigiorno riportati in auge da macchinette di tendenza come la lomo o la holga. I giovani degli anni ’70-’80 rimangono ancora estasiati da quelle vecchie brutte foto.

Segnalo con piacere dirty.lovers.org(asm) che, tra le varie, raccoglie anche una simpatica sezione "The very anal years 1992-1998" e l’intramontabile dirty found.