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sorrisi verticali

13 Luglio 2010

presentazioni

Una sera a cena mi parlano bene di un libro (Sii bella e stai zitta. Perché l’Italia di oggi offende le donne) di Michela Marzano, filosofa. Non la conoscevo. Sfoglio e trovo un capitolo sulla pornografia e tra il secondo e il dessert mi sono già fatto una pessima idea. Dopo questo incontro fortuito ho visto la scrittrice-filosofa da Gad Lerner e in qualche altra trasmissione, all’improvviso i media italiani scoprono una paladina del femminismo relegata in gallia e che ora ha attraversato le alpi come una novella Annibale accademica.
A Marzano garba poco il porno ma non è questo ad infastidire, è una posizione rispettabile; è piuttosto lo sguardo morale che getta su un mondo che conosce a malapena e che giudica solo per le evidenti ed innegabili escrescenze purulente presenti sul corpo della macchina pornografica ad infastidire.
Marzano non distingue gli effetti del sistema produttivo hardcore dall’attitudine alla sessualità hardcore.

la macchina dello sfruttamento

Per molti aspetti la sua posizione è bizzarra quanto incoerente. Non prende ad esempio posizione sul difficile problema delle donne col velo (hijab e niqab) dicendo, vado a memoria, che ci sono casi in cui la donna sceglie serenamente di portare il velo per proprie convinzioni cultural-religiose e si sente da esso tutelata, protetta dall’invadente sguardo maschile però è pronta ad affermare che il mondo dell’hard è tutto violenza e sottomissione femminile*. Forse perché la sua esperienza pornografica ruota solamente attorno alla “silicon valley” di Los Angeles e non alle autoproduzioni dal basso, sovente gestite da donne (vedi seven minutes in heaven, indieporn etc…) o l’illuminante, recente, esempio di rielaborazione e riappropriazione del porno: il laboratorio di postpornografia multimediale, tentativo di svincolare la produzione erotica dalla gogna fascistoide di cui è spesso vittima.

Sarebbe come dire che tutto il mondo della prostituzione è sfruttamento… per carità, la maggior parte lo è, ma diverse rappresentanti di gruppi di prostitute sono pronte ad affermare che esistono anche donne che scelgono liberamente la professione. Il vero problema è se da una posizione morale si è disposti ad accettare che esistano donne che autodeterminano il proprio uso del corpo nelle formulazioni che a loro più aggradano. Se da un lato l’uomo machista desidera la donna-puttana, dall’altro, la donna moralista è pronta ad accettare la sconvolgente realtà che esistano delle donne a cui piace essere puttane?

i corpi perfetti

Marzano parla di corpi pretesi perfetti (certo, basta accendere la tv, non mettere su un porno), corpi femminili come territorio di conquista del desiderio maschile. Ha ragione, come darle torto? Prima ancora di leggere Foucault (di cui forse Marzano ignora le personali attitudini sm) lo si vede nei media e nelle cronache quotidiane. Questa violenza, anche estetica, sui corpi è uno dei segni di dominio capitalistico che si esercita attraverso la mano patriarcale. E’ la vendita di un prodotto che deve essere lucido, liscio, gonfio, prestante. L’estetica della perfezione induce il desiderio d’acquisto, il consumo. Ma questo vale anche nel mondo maschile, vale nel mondo omosessuale, vale nel mondo, perché l’economia che regge il pianeta è l’economia di mercato e l’economia di mercato è nata proprio dal commercio dei corpi utilizzati come merce. Abbiamo fondato le nostre società sulla schiavitù.
Ne aveva avuto una lungimirante intuizione la nostra Annie Sprinkle che ha saputo unire il porno all’imperfezione del reale, nanismo, corpi con handicap… ma il suo rimane un esempio improduttivo – commercialmente parlando – e di nicchia.

La liberazione sessuale degli anni ’70, Marzano ne riconosce la portata, è stata una liberazione mancata. Meglio: come tutte le rivoluzioni portava in sè il germe del suo fallimento. Dice, in un’intervista al venerdì di Repubblica: «Negli anni Settanta, la pornografia ha effettivamente potuto contribuire all’emancipazione dalla morale delle autorità tradizionali. Però a partire dalla metà dei Novanta, e poi con la diffusione di Internet, si è avuta un’inversione: il porno è diventato dispositivo di controllo, codificato e codificante. Foucault l’avrebbe definito una forma di biopolitica. Perché – in conformità con la religione del fitness – veicola un’ideologia del corpo come macchina: efficiente, bella e inalterabile, smaterializzata, immune da invecchiamento e imperfezioni, priva di soggettività, fantasmatica»

Il porno ha smesso di veicolare l’idea di liberazione perché non è stata svincolata dal guadagno commerciale. Dove c’è guadagno c’è sfruttamento. Lo sfruttamento vede come attore principale il maschio. Il porno mainstream rappresenta e induce il desiderio maschile, lo afferma e lo provoca, ma è un desiderio autoindotto e imbrigliato in una visione non liberata della sessualità. E’ tutto ridotto ad una subliminale pubblicità del potere. Sei importante, forte? Allora oltre alla bella macchina devi avere una figa perfetta che gode a comando. C’è poco da stupirsi dal momento in cui abbiamo eletto al governo un uomo che incarna tutte queste caratteristice di potere machista edonismo e terrore di invecchiare. Questo fa parte della nostra società totale, dove qualsiasi “rivoluzione”, qualsiasi alternativa, viene sussunta, fagocitata e risputata come pacata espressione di governo. Tutto viene normalizzato… vedere anche i centri “sociali” dei vari fascistelli pound. Una società amministrata.

Da pornoconsumatore maschio mi chiedo: qual è il desiderio della donna? E’ questa la risposta da dare. La donna-puttana, ma quella a casa dev’essere santa, è una proiezione patriarcale maschile. Non esiste la donna santa o puttana. Questi sono desideri machisti. Il porno anni ’70 ha lasciato la consolle della regia in mano ai produttori di vhs che hanno fatto il mercato, hanno generato a tavolino il desiderio maschile, ignorando quello femminile che non poteva essere realizzato proprio perché non c’è mai stata una vera liberazione e le donne non sono mai state ritenute capaci di consumare merce sessuale, perché si sarebbe realizzato l’incubo, il fantasma, di aver sposato una puttana e non una santa. Il moralismo ha solo cambiato faccia, la sessualità rappresentata nei media rimane appannaggio maschile.

La risposta all’imposizione di un corpo perfetto, non è a tutti i costi il corpo imperfetto. E’ il corpo autodeterminato, svincolato dalle regole che dominano il mercato della merce. E’ il corpo che sceglie per sè.

le passioni tristi

Marzano, questo mi ha colpito molto, parla di tristezza, di pianti dietro alle quinte, di visi sofferenti. Le passioni tristi sono proprio la conseguenza del lavoro salariato e dello sfruttamento, ingranaggi del porno di massa. Forse Marzano non ha mai visto i sorrisi, la gioia, il divertimento che si vedono nelle immagini veramente amatoriali o nei flash in public.
Andare in un luogo pubblico e improvvisamente mostrare il corpo nudo è sovvertire le normali regole di costume (si vedano anche gli streakers sebbene subiscano il fascino capitalistico di diventare celebri per quindici warholiani minuti). Lo stesso flash in public ha subito la triste deriva commerciale del Public Disgrace, obbligare una donna al sesso in pubblico o metterla in una situazione di vergogna sessuale, di umiliazione.
Si prenda un bellissmo sito come snusk, ad esempio. Solo foto amatoriali raggruppate per tema che il fruitor* riconosce. Anzi è proprio il fatto che il tema sia altro rispetto al porno (esempio: solo rapporti orali con la tv accesa sullo sfondo) ad alleggerire le immagini dalla pesantezza masturbatoria che caratterizza ogni rappresentazione di nudità su internet. In snusk lo sguardo viene deviato dal sesso eiaculatorio e dalla copula finalizzata al godimento individuale.

Riassumendo:

– Marzano ci capisce poco di porno ed è una moralista

– ricitando il povero Sanguineti: va bene la pornografia, va bene il femminismo, ma torniamo alla lotta di classe

– la costrizione genera tristezza, la libertà risate, che dovrebbero seppellire…

* «L’hard è un arretramento: torna ad incapsulare la sessualità nei moduli regressivi della sottomissione, d’un rapporto tra chi asservisce e chi è asservito. E incide sul desiderio, specie maschile, usurandolo e facendolo crollare. In Francia aprono centri per aiutare la gente a liberarsi dalla pornodipendenza. Nell’uomo resta radicata la scissione
tra donna-santa e donna-puttana. Per quella che stima e, diciamo, “ama” finisce col non provare attrazione; l’altra la trova su Internet».
(Michela Marzano, estratto da “Porno. La finta liberazione è una vera truffa. E serve a controllarci”; intervista di Marco Cicala, “Il Venerdì di Repubblica”, 14 novembre 2008)

–> intervista su repubblica tv

–> perché le post femministe rivendicano il diritto al porno (articolo di Michela Marzano)

–> un’altra opinione su Marzano

  1. Silent
    14 Luglio 2010 a 10:43 | #1

    Bel post, complimenti.

  2. v
    15 Luglio 2010 a 12:15 | #2

    gran bel Articolo… da diffondere!

  3. fastidio
    15 Luglio 2010 a 12:31 | #3

    grazie per i complimenti… per correttezza cito anche una voce critica

  4. 15 Luglio 2010 a 15:21 | #4

    Pagina ineccepibile.
    A essere così d’accordo, poi, si finisce per non aver nulla da aggiungere.

    AMan

  5. 15 Luglio 2010 a 15:32 | #5

    Aggiunto qualcosa riportato anche da Mele.
    Una carenza tipica nella produzione industriale di pornografia commerciale è, come osservava Ovidie, proprio l’assenza dell’oscenità, ovvero di uno di quegli aspetti fini (che non si vedono come scrive Mele) che emozionano, che danno senso e piacere all’eros.
    Puoi agire il sesso, non puoi riprodurre una passione genuina, non puoi rappresentare la libido se non con simulazioni controproducenti, delle quali abbonda la scadente pornografia commerciale (specie quella amerikana).

    La pornografia è mediamente mediocre e in questo non di distingue dalla filmografia non sessuale e, in genere, dall’economia speculativa e lucrativa basata su omologazione, numeri-in-grande, perdità della diversità, etc.

    Il corpo, il piacere delle donne si emancipino dal dualismo machista-patriarcale donna-puttana, godendosi anche egoisticamente (interessante l’apologia dell’egoismo nel letto da parte di Esther Perel in L’intelligenza erotica).
    Il porno è come le altre arti (o commerci, purtroppo) e deve affrancarsi dalle logiche del profitto, dell’adulterazione, della sofisticazione, della standardizzazione.
    Il porno amatoriale, l’off-scene spesso molto più autentico, realistico, talvolta osceno nel senso migliore del termine, non è altro che la rappresentazione di atti di piacere, delle celebrazioni del corpo. E’ bene che sia arte e non un roba scadente atta a far denari.

    Una volta finita la lotta di classe, che si fa? Rimangono le persone, i loro corpi.
    Ed è bene che si godano, senza moralismi di alcun tipo, a volte funzionali alla lotta politica e per il potere, moralismi dai quali non è stata esente, storicamene, la sinistra nella propria ideologia e nelle prassi (la sublimazione richiede di incanalare verso un obiettivo risorse, tempo ed energia sottratti all’eros).

  6. fastidio
    15 Luglio 2010 a 15:44 | #6

    ecco, diciamo che preferisco la tua argomentazione a quella di Mele.
    Trovo che la tua sia una corretta puntualizzazione.

  7. 17 Luglio 2010 a 18:59 | #7

    Complimenti.
    Davvero un bell’articolo. Critico e puntuale.

  8. argentina
    17 Luglio 2010 a 20:58 | #8

    qualcuno mostri alla Marzano filmati in cui sono le donne a sodomizzare sottomessi maschietti

  9. Ariadne
    19 Luglio 2010 a 20:14 | #9

    Fastidio, non credo che Marzano sia una moralista.
    Un* moralista è qualcuno che tende a giudicare le cose da un punto di vista astrattamente morale -cioè in rapporto all’idea che (si) ha del bene e del male, idea conforme a valori e principi propri di una determinata struttura sociale-; qualcun* che si atteggia a rigid* ed intransigente, spesso ipocrita, difensore della moralità.
    Marzano non fa affatto questo, non vuole imporre la sua visione dall’alto, anzi: assume una posizione personale, come donna, su qualcosa che ha studiato e su cui si è documentata a lungo, a sua detta “per anni”( Sii bella e stai zitta ).
    E poi se hai letto il libro sai che è evidente il taglio che ha voluto dargli, sia dall’andamento della scrittura, sia da una sua dichiarazione programmatica: quello non di un saggio tecnicamente filosofico, ma di un libro accessibile alla maggior parte delle persone.
    In un certo senso lei stessa ti risponde dicendo: “Posso smettere di denunciare queste rappresentazioni insopportabili della donna solo perché non ho più voglia di farmi trattare come una “moralista” che non ama la pornografia, probabilmente perché frigida o “troppo sensibile”?”.
    Come fai a dire “è piuttosto lo sguardo morale che getta su un mondo che conosce a malapena”? Conosci approfonditamente gli studi che ha portato avanti sull’argomento?
    Puoi spiegare cosa intendi per “Marzano non distingue gli effetti del sistema produttivo hardcore dall’attitudine alla sessualità hardcore”? In cosa consisterebbe quest’attitudine? A me sembra un concetto un po’ fumoso. Parlerei piuttosto di attrazione e di piacere verso questo tipo di rappresentazione (che non è una descrizione) della sessualità, che tu stesso ammetti essere, almeno nel mainstream, fortemente codificata e controllata (condivido su questo punto la posizione di Marzano, che parla di ripetizione, accumulazione, performance).
    Per inciso, anch’io ne sono fruitrice, quindi ne parlo sapendo cosa dico.
    Credo che Marzano sia diffidente verso chi afferma, donne comprese, che ancora oggi il porno possa essere un fronte di liberazione femminile, non per la singola persona, ma per la “classe”: e come darle torto?
    Ma non mi sembra che si pronunci affatto sui casi singoli, sulle storie personali delle “donne che autodeterminano il proprio uso del corpo nelle formulazioni che a loro più aggradano”, né che su di loro esprima giudizi di qualche tipo: in questo caso avrebbe potuto forse essere chiamata a ragione “donna moralista”.
    Essere “donne che scelgono liberamente la professione” certo che è possibile, e anche un segno di libertà, ma di certo non implica che poi si possa con la stessa autonomia determinare il modo in cui si venga rappresentate in una produzione porno: dici anche tu, infatti, che la produzione della Sprinkle, proprio per le scelte che lei aveva fatto nella rappresentazione porno, è rimasta di nicchia.

    Secondo me, non fai altro che svilire il tuo ragionamento quando giudichi chi ha una posizione diversa dalla tua un* moralista. E’ come se la Marzano dicesse, pur non conoscendoti affatto, che sei un incompetente in materia di pornografia, e sei pure un “libertino”. Spicca quanto tutto ciò sia assurdo.
    In questo post non ti limiti a controbattere a delle opinioni, rispettandole, o ad argomentare le tue, come negli altri che ho letto: tendi a delegittimare non solo la posizione di Marzano, ma anche la sua competenza nell’esprimere opinioni sull’argomento; demolisci sia l’opinione che la persona che l’ha espressa un po’ frettolosamente, quasi denigrando. Butto là: non è che tutta questa foga non è altro che un’altra forma di paura verso le donne, e di maschilismo?

    Scusa se te lo dico, ma come fai poi a parlare con coscienza di “sorrisi, la gioia, il divertimento che si vedono nelle immagini veramente amatoriali o nei flash in public”? Tu hai postato foto di donne, questo è vero, sorridenti esteriormente, ma come fai ad essere certo che questi fossero veramente i loro stati d’animo, e magari non lo stessero invece solo facendo per far vedere quanto sono toste o coraggiose, per dimostrare che loro non si vergognano del loro corpo, per non farsi chiamare “moraliste” o “puritane”, sfidate da un’amic* a farsi fotografare in pubblico?
    Tu comunque ne parli da esterno, e da uomo. Mi pare tale e quale all’atteggiamento garantista degli uomini dopo quasi tutte le clip BDSM (le mie preferite), che chiedono alle donne se si sono divertite ed è loro piaciuto (e le donne che rispondono spesso con un sorriso un po’ tirato), quasi volessero far vedere “guardate, a loro sta bene, loro si divertono, ci stavano, erano consensuali” e poi “guardate, non siamo insensibili di fronte al piacere delle donne e a come loro vivono il rapporto sessuale”, quasi che l’avessero fatto per far loro un favore. E nella maggior parte dei casi la clip è finita con l’eiaculazione maschile.

    Ho letto anche il post di Mele. Il concetto di donna oggetto (nel porno come in altre circostanze) non è relativo al solo corpo. E’ qualcosa di molto più complesso e sfaccettato, che ha le sue radici nell’educazione alla differenza di genere, che si conclude approssimativamente verso il quarto anno di età, e ha i suoi svilenti frutti nel vissuto emotivo quotidiano di ogni donna che sia dovuta sottostare all’educazione considerata nella nostra società “normale” e la più “adatta” per il bene del* bambin*. Una donna non si vive come oggetto solo relativamente al suo corpo, ma a tutta la propria persona: ci sentiamo obbligate a piacere, sempre e comunque, incatenate sotto lo sguardo giudicante dell’altro, chiunque esso sia. E’ una vera e propria schiavitù, una spinta, un automatismo difficile da combattere e contrastare: lo si deve fare con forza, nella propria mente, ponendovi attenzione almeno ogni trenta secondi. Non è affatto uno scherzo, e penso che sia non solo utile, ma anche necessario, che si torni il più spesso possibile su questo concetto (che NON si limita al porno e NON si limita al corpo di una donna), anche se lo si fa solo relativamente all’aspetto dell’indipendenza emotiva che passa per il corpo delle donne, aspetto che è il più evidente e massicciamente presente nella nostra cultura.
    Mi sembra del tutto fuori luogo, e anche un tantino presuntuoso, che degli uomini giudichino “veterofemminismo” un concetto che forse non arriveranno mai compiutamente a capire, non per loro colpa o mancanza, ma semplicemente perché manca loro tutto il vissuto emotivo e mentale che possa permettere loro di comprendere a fondo, vissuto che le donne possono sperimentare in ogni momento proprio per il tessuto educativo che hanno acquisito, loro malgrado, e che le ha rese tali.

  10. 20 Luglio 2010 a 0:14 | #10

    Non vi è niente di presuntuoso nel fatto che un uomo (non degli uomini), io, Valerio Mele, sostenga che la feticizzazione del corpo (femminile) sia andata ben oltre quello che il pensiero classico del femminismo (mi scuso per il “vetero” se ha offeso qualcuno) abbia delineato come “donna-oggetto”.
    Ho solo provato ad estendere il concetto della feticizzazione (dei corpi, dei desideri, dei pensieri) dalla ristretta categoria psicologica, sociologica di donna-oggetto ad una più ampia che investe un intero modo di produzione e rappresentazione della realtà (nella “società dello spettacolo” o della simulazione proprie del capitalismo avanzato). Spesso il femminismo si è fermato al di qua della critica anti-capitalista… Per me un’istanza critica femminista non può inchiodarsi allo sguardo patriarcale, sottovalutando quello del capitale… come se questo non fosse ben più insidioso e onnipervasivo… e persino peggio della minaccia e del dispotismo patriarcali.

    Ecco… il sorriso verticale è la macchina per me… sento un rumore metallico. Il click, lo scatto, il codice binario, i pixel. Non mi eccita particolarmente. Lo scatto che disloca il corpo e il genere nei media (come lo è per esempio internet…) agisce nell’immaginario individuale connettendolo mediante feedback continui al sistema globale dei codici e dei modelli simbolici, funzionali alla mercificazione e feticizzazione di ogni cosa.
    Sarebbe interessante pensare la donna come soggetto… che sfugga alla presa dispotico-patriarcale almeno quanto a quella feticizzante-capitalista… Scilla e Cariddi, incudine e martello.

  11. Ariadne
    20 Luglio 2010 a 11:31 | #11

    Sarebbe interessante che la donna SI pensasse come soggetto: è da tempo venuto il momento che lo faccia.
    Nessuna offesa, almeno da parte mia. Forse la Marzano si è un po’ rabbuiata.
    A parte gli scherzi, ho capito la tua argomentazione, nel suo complesso, e mi sembra che fornisca spunti interessanti per riflettere. Ho voluto ribattere concentrandomi su quelle quattro righe che, secondo me, stonavano: chiarendole hai dato un ulteriore contributo alla discussione.
    Per quanto mi riguarda, credo che le dinamiche e le strutture sociali di tipo patriarcale rappresentino una colonna portante del sistema capitalistico. Una critica femminista non può e non deve fermarsi soltanto a queste tematiche; vorrebbe dire mettersi i paraocchi; ciò non toglie che rimangano e, secondo me, debbano restare, il fulcro delle sue argomentazioni e battaglie: c’è ancora molta strada da fare.
    Che ne dici: e se si considerassero altri tipi di media, intesi come mezzi di comunicazione, andando indietro nel tempo? Prima del modo di produzione di tipo capitalistico. A me quello che hai detto ha fatto subito pensare al patrimonio culturale, al “sistema globale dei codici e dei modelli simbolici”, proprio del Medioevo: era molto più ricco e sviluppato di quanto lo sia oggi, e gli veniva data la precedenza rispetto ad un qualsiasi immaginario individuale. Si pensi all’opera di eccezionale fantasia ed inventiva di un Dante Alighieri, che ha dovuto/voluto inserirsi, pur col suo carattere rivoluzionario sia a livello linguistico che stilistico, in una tradizione fortemente codificata di immagini e rappresentazioni della realtà (non è, certo, possibile stabilire se sia stato o meno un limite per l’immaginazione: è piuttosto un dato di fatto che abbia dovuto inserirvisi per poter farsi comprendere dai contemporanei, e poter assumere quindi una qualche posizione in quel sistema di modelli simbolici, proprio della comunità, di cui si parlava).
    Anche in questo caso la connessione della dimensione “creativa” individuale al livello del patrimonio culturale condiviso dalla comunità può in qualche modo essere definita mercificazione o feticizzazione, riduzione? E se sì, in quale grado?
    So che svia un tantino dal tema principale (ehm), ma credo possa servire per riflettere sul nostro modo di comunicare, come esseri umani, e su come le forme di comunicazione, sia a livello di significanti che di significati, si siano evolute nel tempo, in relazione alle diverse strutture sociali formatesi.

  12. anonimo
    26 Luglio 2010 a 8:23 | #12
  13. Luca
    27 Luglio 2010 a 17:22 | #13

    @qual è il desiderio della donna?

    io avevo trovato “bellissimo”

    Perversioni femminili della Kaplan.

    ciao
    🙂

    lm

  14. daniele
    10 Settembre 2010 a 19:54 | #14

    Credo che la più grande ingenuità insita nella maggior parte dei discorsi femministi si possa trovare nella pretesa della famigerata \parità dei sessi\.
    Non mi sfugge certo la necessità di parificare la condizione sociale della donna a quella dell’uomo nell’ambito del diritto, soprattutto dal momento in cui le leggi che garantiscono questo tipo di parità già ci sono, e quindi si tratta per lo più della messa in atto reale di queste leggi.
    Ma ciò che è radicalmente sbagliato è la volontà di parificare l’uomo alla donna; ogni vera femminista o più semplicemente ogni femmina dotata di un briciolo di dignità dovrebbe allarmarsi ogni volta che ne sente parlare..
    In primo luogo (a mio avviso) contiene un implicito messaggio di certificata sottomissione, in quanto la parificazione, e qua rischio davvero di sbagliarmi ma lo dico lo stesso, sembra mirare a colmare il deficit della donna nei confronti dell’uomo più che a scalzare l’uomo dalla sua posizione storicamente intoccabile, e c’è qualcosa di caritatevole quando un uomo parla degli sforzi verso la parità dei sessi che non vi può essere se l’obiettivo vuole veramente essere conseguito.
    Ma è forse l’obiettivo stesso a dover essere rivisto. Come mai (e anche qui rischio di essere linciato, lo so, ma vado) buona parte delle femministe più convinte sono poi dei gran maschiacci nonchè lesbiche, che amano la stessa cosa amata dai loro tanto odiati avversari, cioè la fica? Ok, ok.. una vera pioggia di luoghi comuni, cercavo solo di provocare.
    Resta il fatto che la femmina non è un maschio. E la sua imitazione non la rende più forte, ma più debole: la femmina è più forte del maschio quando è degnamente sè stessa, quando è fiera del suo corpo, e non è una questione di azioni, ma di portamento.
    In \d’amore si vive\ di S. Agosti, il trangender amante dei piccioni dichiara di possedere il suo uomo solo dal momento in cui si offre a lui nel servirlo sessualmente, dichiarando che è solo così che lui ti rispetterà, e rivendicando la posizione attiva di chi fa un pompino, attiva!
    Il grande problema è legato alla convulsa contraddittorietà di questo dibattito, ma siamo convulsi e siamo contraddittori perchè siamo diversi. E lo siamo profondamente, quindi è forse meglio dedicarsi a fortificare le differenze, e credo che l’unico modo per farlo sia esporle e, nell’evidenza, imparare a rispettarle.

  15. Imma
    23 Giugno 2011 a 16:19 | #15

    In ritardo massimo ma @daniele: le differenze non riguardano unicamente i sessi ma – superbanalità che pure va ripetuta – le persone.

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