Ho trascorso una vita nella più piena improduttività ed inutilità… parlo di considerazioni inutili, studi senza scopo, domande senza risposta. Una giornata per me è produttiva solo quando imparo una parola nuova, come ieri; ho imparato “cerniera anuba”. Questa mattina, di contro, l’ho trascorsa passando in rassegna, in rigoroso ordine cronologico dal 1979 al 2011 tutte le versioni di One way or another dei Blondie (nonna Blondie ovvero Deborah Ann Harry che vede nel 2010 l’anno del Ridicolo e nel 2011 l’anno della tassidermizzazione definitiva). Ho solo capito che si sta trasformando nella sosia sfatta di Hillary Clinton (alla faccia di Die young stay pretty), che non ha mai saputo cantare, non ha voce, è sempre stata impacciata davanti al pubblico epperò con la vecchiaia le sono minimamente cresciute le tette, complice la gravità e il metabolismo rallentato. Ho scoperto anche la composizione del bizzarro pubblico barnum che si porta appresso: un esercito di marinaretti e milf a cui andrebbe analmente spiegato cos’è il punk rock, sempre che trovino il tempo tra una riunione di madri indignate per il sesso in tv e un incontro di catechismo per adulti. Ho pensato a delle professoresse, alternative sì ma con moderazione “ché i nostri figli ci guardano”, e ho pensato alle lavagne. Le lavagne come contenitore, come monitor guardato per ore fin dalla tenera età, riempito di testi e simboli sempre più evoluti, le lavagne doppie e pure quadruple dell’università, la lavagna come luogo di punizione, luogo di terrore, vuoto da riempire, nero catturasguardo fissato pur di evitare quello dell’insegnante, lavagna come elemento d’arredo, quadro necessario per definire una classe.
Forse il senso è l’importanza che talvolta assume lo sfondo, il pubblico che ridefinisce la situazione, quello che si scrive su una lavagna e che fa emergere nuovi contenuti… alle medie fui interrogato in matematica e anziché dimostrare il teorema richiesto disegnai un cazzo alla lavagna… tre giorni di sospensione, era l’unico dissenso che sapessi esprimere a quel tempo, quello fallico. Poi dichiarai aperto il periodo rivoluzionario: misi l’orecchino.
Altre lavagne: quelle che compaiono in tanti porni d’ambientazione scolastica. Chi cazzo le scriverà? E soprattutto: sarà corretto tutto quello che viene scritto sull’ardesia? Per fortuna, per una volta qualcuno si è degnato di darmi delle risposte esaurienti.
tra i nuovi progetti di Erika Lust segnalo Barcelona Sex Project
–> video scaricabili
–> Silvia Rubi
presentazioni
Una sera a cena mi parlano bene di un libro (Sii bella e stai zitta. Perché l’Italia di oggi offende le donne) di Michela Marzano, filosofa. Non la conoscevo. Sfoglio e trovo un capitolo sulla pornografia e tra il secondo e il dessert mi sono già fatto una pessima idea. Dopo questo incontro fortuito ho visto la scrittrice-filosofa da Gad Lerner e in qualche altra trasmissione, all’improvviso i media italiani scoprono una paladina del femminismo relegata in gallia e che ora ha attraversato le alpi come una novella Annibale accademica.
A Marzano garba poco il porno ma non è questo ad infastidire, è una posizione rispettabile; è piuttosto lo sguardo morale che getta su un mondo che conosce a malapena e che giudica solo per le evidenti ed innegabili escrescenze purulente presenti sul corpo della macchina pornografica ad infastidire.
Marzano non distingue gli effetti del sistema produttivo hardcore dall’attitudine alla sessualità hardcore.
la macchina dello sfruttamento
Per molti aspetti la sua posizione è bizzarra quanto incoerente. Non prende ad esempio posizione sul difficile problema delle donne col velo (hijab e niqab) dicendo, vado a memoria, che ci sono casi in cui la donna sceglie serenamente di portare il velo per proprie convinzioni cultural-religiose e si sente da esso tutelata, protetta dall’invadente sguardo maschile però è pronta ad affermare che il mondo dell’hard è tutto violenza e sottomissione femminile*. Forse perché la sua esperienza pornografica ruota solamente attorno alla “silicon valley” di Los Angeles e non alle autoproduzioni dal basso, sovente gestite da donne (vedi seven minutes in heaven, indieporn etc…) o l’illuminante, recente, esempio di rielaborazione e riappropriazione del porno: il laboratorio di postpornografia multimediale, tentativo di svincolare la produzione erotica dalla gogna fascistoide di cui è spesso vittima.
Sarebbe come dire che tutto il mondo della prostituzione è sfruttamento… per carità, la maggior parte lo è, ma diverse rappresentanti di gruppi di prostitute sono pronte ad affermare che esistono anche donne che scelgono liberamente la professione. Il vero problema è se da una posizione morale si è disposti ad accettare che esistano donne che autodeterminano il proprio uso del corpo nelle formulazioni che a loro più aggradano. Se da un lato l’uomo machista desidera la donna-puttana, dall’altro, la donna moralista è pronta ad accettare la sconvolgente realtà che esistano delle donne a cui piace essere puttane?
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A Sasha Grey piace Godard. Anche a me piace Godard.
Sasha Grey è stata fotografata da quel genio punk di Richard Kern. Io no, ma mi piace Kern.
E’ una porno attrice che mescola tratti di consapevolezza alla Annie Sprinkle (sebbene ne sia purtroppo molto distante) con una spiccata attitudine nerd-mediatica anarcoide. D’altronde è giovane ed è nata con una tastiera sulle ginocchia.
Fautrice del sesso estremo, già questo fa simpatia, ha appena girato un film a basso costo per Sodebergh e probabilmente sarà una cazzata di film a giudicare dal trailer. Però lei è la ragazza porno della porta accanto (come evidenzia Kern), anzi, nella foto a fianco deve averle detto "adesso ti faccio uguale a Daria Bignardi".
Sasha è la dirimpettaia a cui chiedi lo zucchero e alla fine si finisce a parlare di come fare un buon clistere.
–> sito ufficiale
–> sito non ufficiale
–> video biografia
–> intervista sul nuovo film
–> foto di Richard Kern
–> foto varie
–> video online: the kinky sex slave
–> altro materiale intellettuale
[–> bonus per i trekkers]
mi piace ricordarla così:
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Tutti ci abbiamo messo almeno una mano. A pensarci bene pure la faccia; sicuramente. Da lì a capire che ogni parte del corpo è fotocopiabile il passo è breve. "Tutto quello che proietta ombra è fotocopiabile" deve aver pensato il signor Xerox.
L’essere umano è di poco sopra al bonobo nella scala evolutiva per il semplice fatto che oltre ad impiegare utensili ne rileva quasi immediatamente il risvolto ludico, più spesso sessuale. Si pensi al vibracall.
La fotocopiatrice accompagna le nostre grigie vite di colletti bianchi da ormai 25 anni, ed è l’emblema della riproducibilità all’infinito di un oggetto in due dimensioni. Se si volesse fotocopiare un oggetto a tre dimensioni (o più, se qualche fisico si trovasse a leggere questo post) si dovrebbe rinunciare almeno ad una di esse. Il risultato è lo schiacciamento di profondità. Schiacciamento e deformazione per l’esattezza. La fotocopia di una parte anatomica risponde alla domanda "come mi vede un oggetto su cui mi appoggio?"… o più semplicemente sottolinea che Secretary è solo un film e che il resto è noia onanistica. Pura fenomenologia eliografica.
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C’è una strofa della poesia Papà di Sylvia Plath che mi ha sempre fatto riflettere: "Non un Dio ma svastica nera / Che nessun cielo ci trapela. / Ogni donna adora un fascista / La scarpa in faccia, il brutale / Cuore di un bruto a te uguale." Sofferenza, una sofferenza che la portò al suicidio ma soprattutto la denuncia di un vincolo difficile da spezzare, il meccanismo patriarcale. Il doppio vincolo che incatena, plasma e riproduce se stesso.
Una sera, mio malgrado, mi sono ritrovato seduto di fronte ad un giovane fascista, sbronzo. Uno di quelli che tenta di convincerti che in fondo destra estrema e sinistra hanno le stesse prospettive, etc… nella sua microcefalica visione mi ha poi sparato una frase illuminante ed intelligente che ho subito appuntato: "In una società omologata essere di destra dà più piacere". Poche frasi condensano così bene tomi e tomi di psicologia sociale. L’edonismo postmoderno, il nuovo desiderio di tranquillità sociale e benessere è il nuovo ordine sociale di cui si fa carico la destra… e i ratti seguono il pifferaio magico.
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Dopo lunga assenza per motivi legati all'arbitraggio sportivo nipponico e allo studio matto di René Guénon, torno sputando altezzosamente sentenze, come mio costume e affermo che il genere amatoriale non può esistere per definizione.
Nella società dello spettacolo si è sempre registi e nella società del controllo si è sempre attori. Siamo sempre ripresi e pronti a riprendere, la tv ci guarda, internet ci pensa diceva quello là… e alla fine l'unico sesso davvero amatoriale era quello di papà che chiudeva la bocca a mamma per trattenerle le grida in gola. L'unico porno amatoriale della vita è l'Edipo. Se vi abbiamo partecipato è stata una fortuna. L'amatorialità postmoderna si trasforma piuttosto in pseudo-naturalezza, nella presunta naturalezza del fuori onda (ecco il florilegio di errori in tv, candid camera e puttanate varie). C'è in fondo più realismo nel realizzare la suprema fantasia dei bimbi, quel gesto che tutt* noi abbiamo compiuto: unire Barbie e Ken in una sana copula con tanto di bagno spermatico, che non in qualsiasi film che abbia come chiave di ricerca la parola "amateur". L'unica vera naturalezza è vivere ed accettare il falso, il fake, la modifica corporea, il silicone, l'aggiunta, la sovrastruttura; il mondo della technica non può che essere fake, prodotto per una vetrina videosorvegliata. Amanda Lepore è la divinità, la dea della produzione e della creazione di una nuova soggettività estetica e quindi etica.
Anche il mondo hardcore ha il suo aspetto divertente del dietro le quinte e dei vari errori e fa quasi genere a sè: bloopers porn.
Di seguito un po' di link, come ai vecchi tempi.
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"cari amici della notte"… esordiva così una vecchia trasmissione nelle calde notti estive di qualche anno fa. Non ho mai capito perchè il genere horror vada a braccetto con l'estate. Certo il porno va tutto l'anno e quindi vi propino un ottimo horror-porn: PORN OF THE DEAD. E' qualcosa che trascende la cara vecchia necrofilia. Ha lo stesso puzzo, ma sicuramente più dinamicità: è il porno dei non morti, la copula-zombie, in cui bisogna pure stare attenti a non staccare pezzi altrui… o forse è il vero scopo del gioco.
Severed-cinema, sito dedito alle recensioni di film horror-xxx-rated ci propone questo simpatico lungometraggio di Rob Rotten, padrone della punxproductions. Ideale continuazione hard dei film di Rob Zombie. In un certo senso porn of the dead scioglie, a favore del popolo segaiolo, tutta quella tensione erotica presente in film horror di alto livello come Habit di quel genio assoluto di Larry Fessenden.
–> immagini tratte da porn of the dead
–> download torrent porn of the dead
–> trailer di habit
segnalo tre siti, in giro già da un po' di tempo, che incrociano arte e pornografia. Il filo comune che unisce questi tre esperimenti è il cambio del punto di fuga visivo che focalizza sulla genitalità del porno e la trasmissione di un feeling pornografico senza un riferimento immediato alla sessualità ripetitiva e macchinica del fuck fuck fuck ahhhh!
–> studi pornografici raccoglie una serie di immagini "pixelate" di video porno e immagini frammentate e reincollate di corpi nudi, in cui si intuisce cosa accade ma non si riesce a cogliere la maniacalità per il dettaglio particolare tipica della pornografia.
–> art in sexual context utilizza opere d'arte per veicolare il porno, o viceversa, decontestualizzando immagini artistiche trovate casualmente all'interno di scatti a tematica sessuale.
–> the non porn zone è un esperimento assolutamente geniale. Si tratta di una raccolta di immagini non pornografiche estrapolate da serie hard. La tensione e il continuo riferimento a "ciò che sta per accadere" è assolutamente palpabile.
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