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Archivio per la categoria ‘porn liberation front’

censura estetica

16 Gennaio 2007 Commenti chiusi

I serial che ultimamente vanno per la maggiore (chi ha il satellite se ne sarà accorto) sono sicuramente quelli di ambientazione medica. Tralasciando le fortunate serie non mediche C.S.I. e Lost si possono citare il recente Dr. House, Grey’s Anatomy, il sempre eccellente Scrubs, Nip/tuck, Bodies (grande serie britannica che titilla i gusti dei più raffinati voyeuristi della ginecologia estrema), Medical Investigation… e altri nipotini di E.R.. Con la vita d’ospedale il plot è facile a scriversi: le malattie sono migliaia, siamo tutti un po’ ipocondriaci, è più facile solleticare i sentimenti piagnucolosi e ne consegue l’immediatatezza del meccanismo mimetico o catartico. E’ tutto più semplice, va solo condito con i personaggi giusti. In una società sempre più medicalizzata, la presa sul pubblico è assicurata. Pillole di tutti i colori ci assicurano la felicità e il bisturi arriva là dove la chimica arretra.
ComaIl reality medico (in qualche modo inaugurato da trasmissioni come Il brutto anatroccolo e il successivo Bisturi, nessuno è perfetto) oltrepassa l’irrealtà percepita nei serial non essendo nient’altro che uno snuff movie legalizzato, con l’inevitabile vantaggio di non generare alcun senso di colpa. Il reality siamo noi, lo spettacolo è il nostro vicino che si fa riprendere. In esso la chirurgia estetica filtra come una passeggiata verso il benessere del corpo mutato e mutilato. Siamo tutti potenziali farfalle e il bisturi del chirurgo di Beverly Hills, il dott Rey di Dr. 90210, anche lui bellissimo e perfetto come un dio greco, incide il bozzolo della crisalide e il lepidottero dispiega le ali e sorride, finalmente felice, allo specchio, ritrovando quell’immagine ideale che si era costruito di sè sfogliando le pagine di una rivista di moda. Quasi mai una sottolineatura sul dolore che si deve sopportare per arrivare a questa rinascita, mai un “non lo rifarei per nulla al mondo”. In Extreme Makeover ci si rifà tutto assieme: naso, tette, liposuzione e denti bianchi; tutto nel carrello della spesa estetica, acquistabile anche online. Il dolore è la strada per la felicità (e ricorda molto la sofferenza redentrice del più becero cristianesimo, e si pensi al capolavoro del cinema gore: la passione di Cristo). Ma questo è ancora secondario visto che al teatro telegiornalistico del dolore, sempre altrui, siamo abituati fin dalla tenera età.
La cosa davvero ipocrita è la censura insensata di fronte a questi corpi che scelgono di farsi massacrare per il pubblico ludibrio catodico. Loro firmano per farsi riprendere, trasformando una scelta estetica individuale assolutamente da rispettare in uno spettacolo per molti annoiati dello zapping, noi pigiamo il canale per vedere come viene succhiato dall’aspiratore tutto il grasso che li ricopre. Pregnant EnemaMa, attenzione, di fronte ad un addome rivoltato e ad un chirurgo che ne svuota la massa lipidica con la foga libidica di un invasato che si getti di peso a pugnalare il cadavere dell’avversario, i capezzoli e i genitali vengono censurati (vedere il video per credere. Sì, “beutiful, beautiful, beautiful fat. This is gold.” dice il Dott. Matlock entusiasta dell’aspirazione che permetterà alla ragazza brasiliana di avere un culo finalmente degno della sua nazionalità). Il nuovo seno viene ipotizzato con la grafica 3d poi vengono segnati i percorsi d’incisione e sutura e successivamente viene inciso, rivoltato, farcito e richiuso ma su l’areola mammaria si stende un velo di pietosi pixel, a sfumare il carattere sessuale che in nessun modo va rappresentato in tv.
Questo è esattamente quello che va inteso per pornografia: mostrare le interiora, ma non il capezzolo o il pelo pubico perché sarebbe una violazione della privacy della persona, una focalizzazione sessuale perversa che è bene lasciare all’immaginazione bavosa del salotto di ogni casa perbene.

Nella prossima puntata medica: la diffusione della chirurgia estetica sessuale

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sullo sperma

5 Gennaio 2007 5 commenti

Marietta Anton è una donna tedesca di cinquant’anni che ora vive in Portogallo. Da giovane era stata ritratta in pose audaci dal suo fidanzato del tempo Sigmar Polke, poi divenuto fotografo di successo. Il figlio quindicenne della signora un bel giorno trova le fotografie e, ignorandone l’origine nonché il soggetto ritratto, si abbandona alla sacra pratica di Onan sfogando la secrezione del suo piacere sulle foto ormai d’epoca. La madre si dispera, dal momento che il danno supera i 50.000 euro, il valore artistico degli scatti, e cita in giudizio il figlio vittima degli ormoni giovanili. Il bizzarro fatto seminale (su cui si è pronunciato anche il tribunale di Bonn condannando il ragazzo al risarcimento per mezzo di lavori sociali) è solo l’ultima cronaca di una serie di fatti aventi come soggetto lo sperma.
Vale la pena ricordare il caso del diciassettenne statunitense che per fare uno scherzone ha eiaculato nella bottiglia del condimento dell’insalata nella mensa scolastica. Il ragazzo, forse ispirato dal film Jackass 2, ha scatenato l’orrore dei vari cronisti scandalistici tutti intenti a chiedersi se siamo per caso diventati una società ossessionata dal liquido seminale.

La cosa certa è che lo sperma costituisce un tabù. E se violare un tabù in una pellicola (Tutti pazzi per Mary) costituisce un atteggiamento politicamente scorretto ma concesso dall’alto (a patto eventualmente di sottoporlo a censura, vedi: Happiness, Ken Park, Shortbus e altri) e quindi divertente, quando invece invade il reale o diventa produzione di consumo (il porno) allora diviene OSCENITA’.
La controparte del divieto è sempre la continua e naturale rincorsa alla concretizzazione della sua violazione. Certamente in ambito pornografico si assiste ad una esplosione di generi legati all’uso e all’abuso del liquido seminale: bukkake, gokkun, creampie, snowballing, barebacking (ringrazio SiBa per questa dritta). Il fenomeno va sicuramente correlato a diversi fattori. Tra questi sicuramente L’ERRATA PERCEZIONE che l’HIV non rappresenti più un grande rischio e nemmeno una malattia così diffusa (complici tutti gli enti preposti alla diffusione di una cultura della prevenzione). Dall’altro lato, proprio la consapevolezza legata al rischio della trasmissione delle malattie sessuali attraverso il fluido seminale è un fattore di eccitamento e incoraggiamento alla rappresentazione del rapporto non protetto, con l’inevitabile enfasi sullo sperma; esistono anche rare eccezioni nel mondo video in cui lavorano, per palese ammissione dele case di produzione, solo persone dichiaratamente sieropositive. Questi sono fattori molto presenti nel barebacking in ambito omosessuale maschile. Se la ricerca scientifica non fosse alla continua rincorsa del copyright, potremmo tranquillamente leggere gli esiti di una ricerca condotta su un gruppo di barebackers…
Nella galassia etero invece scattano meccanismi legati alla simbologia di potere che incarna lo sperma. Al fatto che difficilmente è una sostanza gradevole da deglutire, si associa il soddisfacimento libidico del maschio di fronte ad una donna che ne accetti l’assunzione (sulla questione consiglio la visione del cortometraggio Si quieres puedes). Per questo motivo il sesso estremo è sempre andato oltre al concetto di libera sborrata (e ci tengo a sottolineare, vocabolario alla mano, che sborrare è termine del tutto italiano e significa “sgorgare con impeto”) in favore del sublime gesto dell’ingoio, visto appunto come un’accettazione di uno status. Lo sperma marchia, e… sì macchia anche, nel significato territoriale e oggettuale del termine ed è curiosa, in questo senso, la capacità – scientificamente dimostrata – degli spermatozoi di bloccare, una volta nell’utero, la presenza di altri spermatozoi di “rivali in amore” nella corsa darwiniana alla sopravvivenza del migliore. In un bagno c’era una scritta a firma femminista che recitava: “lo sperma ci inquina”; credo che restituisca bene il senso del rapporto di potere che si lega alla modalita eiaculatoria.

Il mondo nipponico è sempre – almeno in ambito sessuale – una bolla isolata e, per noi, poco comprensibile ma che rappresenta sempre un “oltre” estremo. La fisiologica violenza che non trova sfogo nei normali canali di una società ordinata come quella del sol levante, lo trova nei film in genere (un regista su tutti Wakamatsu, nelle produzioni ero-guro e nei guinea pig) e nella produzione artistica. Ma nel porno (si parla del mainstream), spesso, non emerge la stessa brutalità presente invece in occidente. Anzi. Entra un elemento giocoso che per l’occidente risulta assolutamente ridicolo. In concreto, c’è una diversa simbolizzazione dello sperma tra occidente e oriente. Si va dalle produzioni GGG (german goo girls) di John Thompson in cui le donne sono brutalizzate per mezzo dell’eiaculazione (elemento di spregio e marchio, in questo caso) ai giochi senza frontiere giapponesi a tematica seminale. Il bukkake nipponico, spesso farcito di cosplaying e di sapore teatrale, cede terreno all’abbruttimento da caserma dell’american bukkake. Si passa da una cultura che prevede dèi della fertilità ad una cultura legata al tabù della dispersione del seme e della rappresentazione sessuale.

NOTA NERD – lo sperma contiene: acido asorbico, antigeni del sangue, calcio, cloro (da cui il caratteristico odore), colesterolo, acido citrico, creatina, aboutonia, fruttosio, acido lattico, magnesio, azoto, fosforo, potassio, pirimidina, sodio, sorbitolo, spermidina, urea, acido urico, vitamina B12, zinco. Il ph è alcalino.
Viene espulso con una velocità di circa 17 km/h, in genere in quantità pari a due cucchiai, per un valore energetico compreso tra le 5 e le 25 calorie. Male non fa.
E’ possibile cambiare il sapore dello sperma (e minimamente la quantità) a seconda dell’alimentazione seguita: bevendo molta acqua se ne riduce la salinità, mangiando meno carne si allevia il gusto amarotico. Sembra inoltre che, mangiando discrete dosi d’ananas, si ottenga uno sperma molto dolce. L’abuso di alcohol e caffè aumentano il gusto amaro-pungente; consumare pomodori (molti pomodori) aumenta la quantità dell’eiaculato.
Suggerisco un approfondimento dei cibi da evitare o da favorire su questo sito. Comunque… sperimentare per credere.

La galleria iconografica nippa…

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bosomania!

2 Gennaio 2007 8 commenti

E' online un documentario girato dal canale britannico Channel Five dedicato al grande Russ Meyer, fotografo e regista, cultore e creatore della fissazione per il seno: BOSOMANIA.

Si può trovare diviso in parti su youtube o raccolto in un'unica pagina su questo blog

–> elenco di tutti i suoi film 

–> trailer di Faster Pussycat! Kill! Kill! e intro

–> trailer di Vixen!

–> trailer di Beyond The Valley Of The Dolls.

supervixen

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Il grande libro del seno

19 Dicembre 2006 4 commenti

Bandite le anoressiche dallo sguardo pubblico italico, è recentemente uscito per i tipi di Taschen The big book of breast, il grande libro del seno.
Edito da Dian Hanson, veterana di varie pubblicazioni per adulti, il libro accosta, a fronte di una copertina che sembra pessima ma che si può “mettere a nudo”, una buona raccolta iconografica e il tentativo, in bilico tra il serio e il faceto, di indagare i motivi della bosomania (fissazione per il seno a la Russ Meyer). L’indagine si muove sul terreno dell’immaginario nordamericano, ma è piuttosto facile vedere i frutti dell’imperialismo culturale yankee anche in altri paesi, forse il primo fra tutti è il Giappone, come vedremo.
Se, come sembra, un tempo il modello di bellezza mammaria era legato al seno piccolo e tornito di Maria Antonietta – la quale era solita bere latte da tazze di porcellana ottenute dai calchi delle sue sue poppe, in una sorta di movimento autolattatorio – con la seconda guerra mondiale qualcosa cambia. Sarà che la generazione dei Fifities nasce e si alimenta per bocca del biberon (nel 1956 solo un quarto dei neonati statunitensi era alimentato dal capezzolo materno), le donne essendo al lavoro per supportare famiglie private dei maschi in guerra; sarà piuttosto che interviene una vera e propria costruzione sociale della donna prosperosa: la pin up, il simbolo della fertilità. Il meccanismo del soddisfacimento delle truppe al fronte, si sa, passa storicamente, e fisiologicamente, attraverso la sessualità. I soldati sognavano donne lontane che, per titillare le fantasie, venivano “appese” ai vari armadietti. Qualcuno deve aver pensato: “se proprio devono sognare, che sognino in grande!” con donne che trasmettono iconograficamente il concetto di abbondanza, fertilità, benessere, quello che li avrebbe attesi al ritorno negli States (e, in fondo, possiamo aggiungere, era anche una reazione alla magrezza legata alla crisi del ’29).

Il problema, di fronte alla crezione di una fantasia, diventa il residuo dell’immaginario, il deserto del Reale, ovvero il fatto che poi nella norma non tutte le donne siano maggiorate. Nasce la mastoplastica additiva. Ma nasce come sperimentazione sulla donna. Non diversamente da tante pratiche naziste, gli americani di stanza in Giappone nell’immediato dopoguerra, insoddisfatti delle minute proporzioni delle ragazze del luogo, iniettano nel seno delle prostitute SILICONE LIQUIDO. Veniva utilizzato il liquido di raffreddamento dei trasformatori, ce n’era in abbondanza presso i moli del porto di Yokohama e di lì a poco, andò a ruba. Si scoprirà in seguito che si tratta di una sostanza altamente tossica impossibile da eliminare dai tessuti organici. Inutile elencarne le conseguenze. I tentativi di aumento della circonferenza toracica, certo, sono precedenti a quello nazi-statunitense e affondano le radici nella Vienna del 1890 quando il Dottor Robert Gersuny sperimentò iniezioni di paraffina e nel 1920 con trapianti autologhi di tessuto adiposo prelevato dalle natiche e dall’addome; il grasso però veniva riassorbito dopo poco tempo. In Giappone però il discorso è diverso e va oltre la sperimentazione scientifica; si colpiscono donne per soddisfare l’immaginario maschile di un un esercito di occupazione.
Nell’Impero di Lincoln invece il primo aumento artificioso di seno viene effettuato su una ballerina che si esibiva nei topless bar e, poi, richiesto da diverse operatrici del settore di Las Vegas. Nel 1943 la Corning Glass Works si fuse con la Dow Chemical Company per formare la Dow Corning Corporation divenendo i pionieri dello sviluppo del silicone, lubrificante per motori resistente alle alte temperature. Nel 1963 la Dow Chemical introduce gli impianti con capsule riempite di gel al silicone (quindi gel, non liquido!) che, negli anni, diventeranno sempre più capienti. Si passò da sacche da 500cc a sacche da 3000cc (3 litri) e, addirittura, esistevano casi in cui si sovrapponevano i cuscinetti per avere un volume ancor maggiore, si veda il caso Lolo Ferrari. Nel giro di 10-15 anni, salvo prematuri incidenti, le protesi tendevano a deteriorarsi permettendo la fuoriuscita del gel; la Dow Chemical sosteneva trattarsi di un sitema assolutamente sicuro, basando la propria certezza scientifica su uno studio condotto per una settimana, nel 1940, su ratti e porcellini d’india. Solo nel 1976 fu vietata l’iniezione diretta del silicone, più economica, in favore di cuscinetti riempiti di sostanze saline. Pochi mesi fa la Food and Drug Administration ha permesso il rientro del silicone sul mercato con protesi a doppio strato (interno in silicone ed un involucro esterno in soluzione salina per contenere le eventuali dispersioni dovute a rotture).

Il Giappone è vittima, più di ogni altro paese, di questo immaginario che sembra storicamente imposto dall’iconografia statunitense. I poderosi seni ballonzolanti sono ormai un must nell’immaginario nipponico, luogo di fisici biologicamente minuti e piatti… e sto appositamente tralasciando tutto l’universo dei sottogeneri milky e lactating. Non poteva non nascere immediatamente un nuovo fenomeno: il bakunyuu; e le sue conseguenze: la vendita di inutili sostanze per aumentare la dimensione del seno.
Ma non dimentichiamo anche l’Italia degli anni ’50, i film di Fellini, le donne giunoniche, l’esplosione di seni (attraverso la tecnologia dell’indumento intimo atto a farli sembrare enormi); boom di tette e boom economico. Non è un caso. Come non è un caso il potere della fantasia sociale sui corpi.

–> approfondimenti storici e fonti: 1, 2, 3, 4, 5

–> gallerie di immagini (molte retro): 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7

–> nippovideo seno-orientati: 1, 2, 3

–> video lezione di inglese per prostitute giappe

–> bakunyuu hentai

–> dvd bakunyuu

–> strano ma vero: la chiesa giapponese di new york vende i dvd di Russ Meyer

–> la fisica del seno nei videogames

–> seno e arte

–> mastasia

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uno sguardo dall’interno

5 Dicembre 2006 2 commenti

Mai visto un pene dal punto di vista dell'utero? La BBC nello sforzo di venire incontro al pretenzioso gusto del pubblico voyeurista  regala questo assaggio di sesso medicalizzato.
Sul sito non si trova un link diretto al video e la cosa insospettisce; rimane però chiara, visitando alcune pagine online della BBC, l'attitudine open-mind nei confronti della sessualità. Il fatto è testimoniato anche dalle critiche che vengono mosse ai loro documentari sul sesso, accusati di sfruttare le modalità espressive del porno business.
Sembra che la BBS, forse forte del fatto di essere la rete televisiva di bandiera in cui il cattolicesimo rappresenta una minoranza, sia anche uno dei pochi network che abbia indagato seriamente sugli abusi sessuali dei preti vaticani.  

–> documentario (supposto) della BBC

 

 

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Categorie:porn liberation front Tag:

bin laden goes porn!

27 Novembre 2006 3 commenti

Nell'ormai sempre più ampio panorama del warporn si afferma sempre con sempre maggior insistenza l'immaginario pornomusulmano. La lettura di questo fenomeno secondo un'ottica post Abu Ghraib diventa quanto mai chiara.

Un articolo indaga con una certa profondità sull'utilizzo propagandistico-politico del medium pornografico nei confronti del mondo musulmano. La nudità a tema arabo viene oggi enfatizzata, ed etichettata ad hoc sottolineandone la componente religiosa, componente che, fino a pochi anni fa non veniva presa in considerazione. Delle regole del mondo musulmano si sa abbastanza, se ne discute e fanno scalpore soprattutto i veli. Dice la Sura 33: "Oh Profeta! Dì alle tue spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si ricoprano dei loro mantelli, questo sarà più atto a distinguerle dalle altre e a che non vengano offese …" (Cor. sura XXXIII, 59). Le donne fedeli all'islam si velano, per violarle occorre dunque svelarle a chi famigliare non è, mostrarle secondo una sorta di stupro culturale. Lo hijab viene così eroticizzato dallo sguardo bavoso dell'occidente.
Se nei primi anni  '90  si  nascondevano le radici arabe delle starlet del porno (Tabatha Cash, ad esempio), oggi si punta ad esaltarle al massimo grado. Addirittura è documentato come a partire dal 2000 i produttori porno Israeliani abbiano arruolato manovalanza dai lineamenti arabeggianti per girare film destinati al mercato interno. Nel 2003, SexStyle, la più grande casa di pornoproduzione israeliana, ha rilasciato il primo porno dedicato alla comunità arabo-israeliana. Come riporta Joshua Cohen nell'articolo The Chosen Peephole: Jews can do Porn just as badly as Everyone Else, pubblicato nel luglio 2006, dietro molti siti porno finalizzati alla raccolta di materiale "musulmano", si nasconderebbe la CIA: “angry-white-man-on-Muslim-woman material has proliferated since the first Gulf War.” Perchè? Il motivo è duplice. Da un lato è invalso dal XX secolo l'utilizzo della pornografia come arma psicologica di massa per colpire il nemico. Non a caso si parla di "scontro di civiltà" (tra una civiltà ipocritamente "liberata" nei costumi e la domenica tutti a messa e una costretta al medioevo culturale islamico?) e non a caso in un episodio di documentato di cracking, un sito di hamas è stato farcito di materiale pornografico, come se, ad un tratto, ci ritrovassimo tutti a dare un valore burlesco al porno, se utilizzato per brutalizzare una cultura considerata barbara e nemica.
Dall'altro lato scatta quel meccanisco ben descritto da Slavoj Zizek in cui si obbliga il mondo musulmano, il nostro "altro", a passare attraverso i propri riti brutalizzanti per riuscire a fagocitarlo culturalmente e quindi annichilirlo, soddisfando, nella nostra inconscia economia libidica, la nostra invidia per quel "nonsoche" di godimento che il mondo arabo ci sottrae, l'object petit a di cui parla Lacan. Non a caso il genere porno beurette, l'araba musulmana che scopre  il proprio corpo e lo svende all'occidente che in qualche modo la libera dalle costrizioni dei costumi dei padri, si sviluppa nella Francia della polemica sul velo, nella Francia delle banlieu in fiamme, di quella difficile integrazione social-culturale dovuta ad un imperialismo, prima sul suolo d'Africa e poi sulla cultura. Quello che era – ed è – l'Ebreo, che è stato il Sovietico, oggi è rappresentato dall'Arabo, un nemico che ci sottrae del godimento (denaro, donne, lavoro, libertà). In questo senso l'esperienza di Abu Ghraib è una sorta di rito cui "l'altro" di turno viene sottoposto per farlo partecipare all'oscenità della propria società. Il primo gradino è la brutalizzazione animal-sessuale, il secondo sarebbe riempirgli la bocca di hamburger. Questo è il lato osceno della società occidentale.

 

–> beurette rebelle (arabe ribelli)

–> erotic muslims

–> film scaricabile, burka porn

–> elenco film genere beurette 

–> arab street hookers

 

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porno per le orecchie

21 Novembre 2006 8 commenti

–> WARNING: FREE MUSIC BELOW <–

L'industria del porno, in quanto fabbrica, produce anche musica che si è evoluta con l'evolversi dei costumi musicali e che è sempre più ricercata per rispondere ad un mercato sempre più concorrenziale.

E' abbastanza recente la notizia che vuole il chitarrista dei Van Halen tra le fila dei compositori e arrangiatori di porno music; ha infatti scritto due brani per il film di prossima uscita Sacred Sin girato da uno degli attuali guru del cinema hard Michael Ninn.
Prima di lui, era stato Snoop Dog a far parlare di sè con il binomio musical-pornografico doggystyle, film afro-machista di cui snoop è ideatore, produttore, attore (attività che lo vede tutt'ora "impegnato")
Con la fine degli anni '90 inizia un vero e proprio crossover hip hop-porno che va piano piano a sostituirsi, o quanto meno a sovrapporsi, a tutta quella enorme e gloriosa produzione di musica anni '70 di qualità (anche per la produzione autarchica) che accompagnava i film per adulti e che aveva partecipato alla creazione del concetto di PORN GROOVE.

La produzione di materiale audio porcello continua ancora oggi. Artbeats ad esempio, da cui si possono scaricare brani dal sapore seventies o il disco, totalmente scaricabile (licenza CC),  Wakka Chikka Wakka Chikka da cui trae origine anche il disco X Rays di Chenard Walcker

[qualcosa è scaricabile anche da fluffertrax

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dildonica, meccanismi per il sesso

17 Novembre 2006 1 commento

Chi coltivi un minimo interesse per il concetto di cyborg e la con-fusione uomo-macchina alla Cronenberg (Videodrome, La Mosca, Crash, eXistenZ), non può rimanere del tutto impassibile di fronte alla sperimetazione sessualtecnorganica che va sotto il nome di dildonica e tutto l'annesso pianeta meksex.

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Categorie:porn liberation front Tag:

sexual and pornographic web searching trends analysis

10 Novembre 2006 2 commenti

E' uscito da poco un interessante studio che analizza le statistiche delle parole più digitate sui motori di ricerca dal 1997 al 2005.
Riassunto: si evidenzia un fortissimo decremento delle parole chiave correlate al sesso e alla pornografia inserite nei motori. Il senso non è, come in un certo senso vorrebbero far credere i ricercatori, che non si usa più internet per il porno – questo a scopo di redimere internet dall'accusa theocons di essere un ricettacolo di pervertiti –  quanto che non si passa più da google, o da chi per esso, per andare a cercarsi il porno.
Sicuramente a partire da un nuovo approccio al web: ognuno ha i suoi siti preferiti e questi sono molto più linkati l'uno con l'altro (friends), esistono veri e propri portali di media sexual oriented (si pensi a pornotube) etc…
Non in secondo piano la diffusione del Peer to Peer, che a fine anni '90 assolutamente marginale, e quindi la proliferazione stessa dei porno media negli hard disk di ognun*.

finita questa parentesi pornogeek, passera tatuata per tutt* 

 

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pornocrazia del pornorating

8 Novembre 2006 Commenti chiusi

Kevin S. Sandler insegna Media Arts all'Università dell'Arizona. Terrà una conferenza il 21 novembre basata sul suo libro The Naked Truth: Why Hollywood Doesn’t Make X Rated Movies.

The Naked Truth è un'analisi di come il sistema di assegnazione del rating cinematografico sia condotto secondo modelli di interesse privatistico. Il rating, totalmente in mano alle grandi case di produzione (Paramount Pictures, Walt Disney Pictures, Sony Pictures, 20th Century Fox, Warner Brothers e Universal Pictures), viene utilizzato come strumento del business per difendersi da politici, moralisti vari e dalla concorrenza della produzione indipendente che potrebbero intaccare, con movimenti negativi d'opinione, i lauti guadagni dell'industria cinematografica ufficiale.

Sullo stesso piano di indagine si muove il film This Film Is Not Yet Rated di Kirby Dick che denuncia il carattere totalmente oscuro e al limite della soggettività (concetti vaghi come "breve nudità" o "linguaggio forte") legato al rating della Motion Picture Association of America di cui non si conoscono nel modo più assoluto i criteri. Nel documentario viene chiaramente evidenziato come, in mancanza di una vera regolamentazione, le maggiori compagnie di rating assegnino un giudizio di (non)visibilità dell'opera puramente in base al "feeling" trasmesso ai censori.

pornjourney è un interessante progetto-documentario girato da Dag Yngvesson che indaga sulla decadenza della San Fernando Valley, capitale della produzione hard (8 miliardi di dollari di fatturato annuo e 50 film prodotti a settimana), e sulla collusione tra industria americana del porno e mafia locale.

La colonna sonora, ottima, è totalmente scaricabile.

–> casi eclatanti di "insane rating" 

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