santa sm

29 Dicembre 2008 Commenti chiusi
a different xmas

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auguri vaticani, auguri da villani

24 Dicembre 2008 2 commenti
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Obama, il jazz, il porno

26 Novembre 2008 8 commenti

Da diverso tempo avevo in mente alcune considerazioni circa il colonialismo, i neri, il razzismo; per forza di cose sono osservazioni del tutto soggettive. Nel tempo si sono sommati diversi elementi, cocci di un vaso in frantumi, che credo possano formare la traccia per un percorso di confusa riflessione. Non intendo tralasciare la provocazione pura e il gusto dell’iperbole, dell’esagerazione quasi gratuita, per provare a ridefinire un concetto abusato e mal interpretato quale il binomio razzismo-antirazzismo. Questo bizzarro percorso di degustazione della razza inizia dalla storia del jazz passa attraverso il neocolonialismo, intridendosi di storia della fotografia, fino ad arrivare senza grossi sforzi al porno, il tutto sotto il segno dell’opinione personale, orrendo vizio condannato da Platone. Mi scuso solo per la lunghezza della dissertazione che non è certo una mia caratteristica.

A a bronzatissimo
Come sempre arrivo tardi, ma arrivo. Mi risuona in testa, da giorni, la frase "Giovane, bello, abbronzato". Per Berlusconi Obama è questo. Rifletto su questa battuta, chiamiamola così, che puzza di razzismo; so che l’ha sparata grossa, ma qualcosa mi sfugge. Voglio credere alla buona fede del primo ministro (e credo che la provocazione inizi già qui), ma mi spiego.
Berlusconi è un uomo vittima della sua stessa proiezione catodica. Lui non si guarda in uno specchio, si guarda nella televisione, e la televisione è l’accesso all’immagine mentale che ogni cittadino ha di lui. Lui vede ciò che è nella testa dell’italico popolo bue. E’ una semplice questione di propaganda e vittime della propaganda. Berlusconi è pelato e nano. Vuole essere alto e capellone e in qualche modo (l’inganno estetico è qualche modo) ce la fa. Questo mi rende certo del fatto che Berlusconi invidi il colore della pelle di Obama. E lo invidia in quanto gli appare abbronzato. Esattamente come invidia il fatto che è più piacente di lui ed è pure alto e coi capelli, e lo invidio pure io! In definitiva: Obama non deve mettersi il cerone che si deve mettere il cavaliere. Allora dove sta lo sgomento rispetto alla battuta infelice uscita dal nano di Arcore? Forse che dire "abbronzato" in realtà è un non-riconoscere l’identità altrui, l’essere mezzo keniota di Obama, la sua negritudine, le radici, le radici su cui insisteva il Black Panther Party; è un’attitudine riduzionista e in quanto tale razzista, cioé non ne marca riconosce la differenza, la riduce a bizzarria estetica.
Avevo scritto "marca", ma credo che anche il marcare ad ogni costo sia elemento di razzismo. Sono cresciuto a pane e film di Spike Lee e non ho mai concepito il fatto che solo un afroamericano potesse chiamare "negro" un suo compare dalla pelle scura. C’è una divertente scena di questo tipo in Clerks 2. Cioé se un bianco dice negro, o parla di culo nero (Clerks 2),  allora è razzista, se lo dice un tizio con geni africani invece è "yo, cool, brother". Non ci siamo, proprio. Il moralista non dice mai "negro", si sente sporco e colonialista, fino a fine anni ’80 lo dicevamo tutti, poi magari quando vede la famiglia di senegalesi agghindati per la festa li guarda come fenomeni di esotismo altermondialista… e "come ci si diverte alla Festa dei Popoli". Se un tedesco mi taglia la strada, lo appello mangiacrauti di merda, o crucco. Se un africano mi taglia la strada in auto a cosa penso? Prendo la prima differenza tra me e lui, il colore, lo amplifico, e ci aggiungo "di merda". Non mi sento razzista per questo, mi sento razzista se penso "negro di merda" e me lo rimangio perché sono di sinistra. Poi scendo e ci faccio a pugni, come se fosse un tedesco abbronzato…
Il razzismo nasce quando marco una diversità fisico-culturale o quando la annichilisco del tutto e a tutti i costi. Vizi rispettivamente di destra e di sinistra. Il meccanismo è molto più sottile di quanto si immagini. Il povero Gramsci, e l’ho già scritto da qualche parte, diceva che la cultura non è borghese, è l’uso che ne fa la borghesia a renderla tale.

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omaggio all’ibridazione

19 Novembre 2008 1 commento
Giovanna Casotto
 
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la fine della pornofilia hippie

10 Novembre 2008 Commenti chiusi

Incollo, per cortese concessione dell’autore, Carlo Mazza Galanti, un interessante articolo apparso su Alias l’8 novembre 2008.

Una nota agenzia di monitoraggio del web ha recentemente registrato il sorpasso del porno da parte del "social network". Piuttosto che rassicurare i benpensanti il dato potrebbe far riflettere i più disincantati: l’insicurezza costitutiva della società post-tradizionale provoca ossessione sessuale allo stesso tempo che relazionalità compulsiva e ipermediatizzata. Il soggetto moderno descritto dai sociologi, incapace di sostenere il "progetto autonomistico e riflessivo dell’io" (Giddens), naviga tra la rete dei simulacri relazionali ed il luminoso ed effimero appagamento del pornoerotismo. Alla ciclicità meccanica delle sequenze hard (ormai private dal web di qualsiasi contenuto narrativo e simbolico: pura coazione a ripetere visiva) si accompagna la connettività come ideologia postmoderna dello stare insieme stando soli. Così potrebbero ragionare i più pessimisti. Di certo, l’immagine della sessualità e della pornografia che emerge in molta della letteratura più recente non si discosta troppo da questa cupa prospettiva. Sugli scaffali delle librerie italiane allignano in questi giorni alcuni romanzi che affrontano il tema. In nessuno di questi pare esprimersi una considerazione della pornografia orientata nel senso della liberazione sessuale, del sesso felicemente trasgressivo, della riappropriazione del corpo e del godimento. Nessuna reminiscenza pre o post-sessantottina sostiene un immaginario pornografico apparentemente spogliato dei suoi trascorsi contenuti rivoluzionari, assai distante dalla pornofilia hippie degli anni ’70 e da qualsiasi forma di progettualità sessuopolitica. Neppure sembra affacciarsi in queste narrazioni il paradigma nichilistico dell’erotismo sadiano-batailliano. La negatività del sesso demoniaco, maledetto, è neutralizzata dalla sua iscrizione nelle dinamiche dello shopping erotico e dalla sempre più dettagliata e orientata specificazione dei target del mercato pornografico, capace ormai di farsi carico di ogni perversione. La mercificazione del sesso ha scavalcato le preoccupazioni femministe per realizzarsi infine nell’inquieto appiattimento edonistico di cui parlava, più di trent’anni fa, Pasolini?

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la governatrice che mi scoperei

7 Ottobre 2008 6 commenti

Il caso Sarah Palin è sicuramente un interessante caso di studio politico.
In questi giorni la stampa statunitense non fa che parlare della carica sessuale incarnata dalla governatrice dell’Alaska, "la donna che ogni uomo desidera", nonché modello per molte donne cerebrolese. C’è di che riflettere. Mi sembra di ricordare che ai tempi del Partito dell’Amore di Moana Pozzi e Cicciolina, si parlava di tette esibite ma non certo di "carica sessuale".
La scelta dei repubblicani di candidare una donna è stata sicuramente spiazzante e sicuramente più coraggiosa di quella fatta dal poco black (power) Obama. Il punto focale però è che non si tratta di una scelta di gender quanto di una scelta di sesso. Lo spiega bene un simpatico articolo apparso su The Nation (tradotto e pubblicato da Internazionale), da cui rubo alla grande, e soprattutto lo spiega sinteticamente alla perfezione uno degli slogan impressi sulle spillette di alcuni sostenitori della Palin: "You go, GILF".
MILF è l’acronimo di Mother I’d Like to Fuck e identifica il genere porno delle "cinquantenni" porche. GILF diventa Governor I’d Like To Fuck (esiste anche la vera versione internet di Grandmother I’d Like…). Ora, non pretendo di aver ragione, ma credo che la mangia hamburger d’alce, che si fregia di essere per l’interpretazione letterale delle sacre scritture, sia quanto meno un’ottima metafora del perché la destra stravince ovunque.
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vogliamo i colonnelli

4 Agosto 2008 1 commento

Passando dal Nicaragua al Costa Rica si ha la netta impressione di passare da un paese che fatica ad arrivare a fine settimana ad una sorta di isola svizzero-statunitense. Il Costa Rica è un paese di bengodi tutto suv e fastfood. La gente, certo tra mille contraddizioni (anche lì esiste la povertà), se la passa meglio che altrove. E il motivo è uno solo: è l’unico paese del continente americano ad aver rinunciato, ormai da mezzo secolo, all’esercito. E quello che per tutti i paesi è un pozzo nero di investimenti è stato canalizzato altrove con due enormi vantaggi: la stabilità politica (non essendoci militari sono improbabili i colpi di stato) e una maggiore redistribuzione delle entrate.
Non occorre essere genii dell’economia politica per capire questi banali meccanismi. Una maggiore ricchezza e tranquillità sociale equivale ad una diminuzione della delinquenza.
In Italia, vera repubblica delle banane, funziona tutto al contrario e secondo modello statunitense, imposto assieme al piano Marshall. Nessuna garanzia sociale, aumento della criminalità nelle fasce più indigenti, aumento della repressione, necessità di forze di polizia ed esercito.
Riassunto in due termini: POLITICA SECURITARIA, ovvero induzione di un senso di insicurezza sociale da addebitarsi a chi non appartenga alla classe medio e medio-alta. La realtà, dati alla mano, è che è più probabile morire sul luogo di lavoro che non per strada, ma non è quello che si vuole trasmettere. Ora, sono pochi ormai a stupirsi e questo è indice di quanto ci abbiano lobotomizzati, ma fino a qualche decennio fa qualcuno avrebbe urlato al “colpo di stato” trovandosi l’esercito per strada. Personalmente mi pare che sia tutto secondo gli schemi eversivi della P2, mancano i carriarmati, ma sono certo che prima o poi faranno in modo che si senta la necessità dei cingolati a pattugliare le strade dopo il crepuscolo.

I remissivi ad accettare le divise tra le vie cittadine vengono bombardati massivamente con immagini da regime di teneri soldati in giovane età, poliziotti di quartiere che danno indicazioni stradali, e le belle soldatesse nostrane. E’ così. Le missioni all’estero sono sempre missioni “umanitarie”, anche quando si spara e si stupra in nome della “democrazia”, e tra qualche tempo sarà come in Palestina, dove l’esercito sionista è da anni un esercito di occupazione; ma glamour, si punta a renderlo gradevole, accettato, bello. Perchè bello, nella società occidentale trionfo del platonismo giudaico-cristiano, equivale a buono. E quindi si punta sull’aspetto disarmato del soldato, le soldatesse veline di Rachel Papo sono delle lolita supersexy dai lesboammiccamenti. Molto fighe, sempre con un dito sul grilletto (quello dell’M-16 però), pronte ad uccidere con mandato di stato.

–> film consigliato: arrivano i colonnelli

–> le foto sono di Rachel Papo

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perfette asimmetrie

30 Luglio 2008 2 commenti

L’opera divina è perfetta, l’unica perfettamente simmetrica. Non a caso la cattedrale di Notre Dame (di Parigi ma anche quella di Strasburgo), in quanto espressione dell’opera umana, ha diverse asimmettrie: le torri (una più alta di due metri dell’altra), i portoni della facciata (i due laterali hanno dimensioni diverse). Il fatto che nessun corpo umano sia perfettamente simmetrico, credo sia una buona testimonianza di quanto sia distante dalla creazione divina. La natura si diversifica proprio a partire dalle mancanze di simmetria.

Le asimmetrie vanno adorate, elogiate, diffuse. In esse si esprime la perfezione, sempre impossibile e sfuggente. Un’espressione in-differenza che esige di essere osservata nel minimo dettaglio. L’imperfezione cattura lo sguardo, è perfezione in divenire.

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lo sguardo proibito nella camera

25 Giugno 2008 7 commenti

Lo sguardo in camera (da presa) è un assoluto tabù del cinema. Lo sguardo in camera (da letto) un must della pornografia.
Chi violi con intelligenza queste due leggi fa la differenza. Perché? E quale meccanismo destabilizzante si cela in questa perversione?
Prendiamo Kubrick, che più di altri conosceva il potere dello sguardo; Full Metal Jacket, seconda parte, Vietnam, una troupe di giornalisti gira un documentario sulla guerra in corso. I soldati colpiti dall’obiettivo come fosse un proiettile esploso da un AK47 puntato su di loro, salutano, imbambolati, partecipano al film, come gli idioti piazzati dietro al giornalista in diretta, creano diversi piani di realtà, vengono fagocitati dall’occhio cinematografico come soldati e sputati come attori nella surrealtà del conflitto. "Are you John Wayne? This is me". Il regista di guerra dice loro di NON guardare nella camera ma proseguire come se essa non esistesse. Ma è praticamente impossibile essere se stessi con un’arma puntata contro.
Spesso si ha la sensazione di essere osservati, percepiamo lo sguardo altrui e d’un tratto ci giriamo e incrociamo lo sguardo che ci faceva avvertire una strana sensazione (Merleau-Ponty conosceva alla perfezione questa dinamica). In qualche modo si è sempre visti ancora prima di essere vedenti. Ma questo non deve accadere nel cinema, non può essere svelato.

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il gioco dell’estate

19 Giugno 2008 4 commenti

In una delle conferenze più belle cui abbia assistito in tutta la mia inutile vita fui illuminato da una frase in grado di fornirmi la chiave interpretativa per distinguere lotta politica giusta da lotta politica non-giusta: Pietro Ingrao parlava del comunismo come "diritto all’ozio". Lo trovai rivoluzionario, anche se il ministro Brunetta (il più apprezzato dal popolo-bue, tanto per dire il livello di populismo cui siamo giunti) non sarebbe altrettanto d’accordo.
Capisco solo ora quanto avesse ragione il compagno Ingrao; i preti della mia infanzia si raccomandavano di non cedere mai, nelle pause estive, all’ozio. Non capivo il perché, ma quando mi guardai le mani a fine estate, alle medie, tutto fu chiaro. L’ozio spinge a pensieri impuri. E, per chiudere il mio sillogismo, il comunismo conduce a pensieri impuri. I preti sono anticomunisti e assolutamente antiporno, a meno che non ci siano minori di mezzo.
Ora che l’anticiclone delle Azzorre porta la stabilità dell’alta pressione suggerisco delle oziose attività da svolgersi durante la canicola estiva. Se proprio non si possiede un’innata vena artistica e la dovuta capacità tecnica, defacciare immagini hard potrebbe non rivelarsi semplicissimo. Suggerisco quindi la strada più oziosa e divertente: costruirsi un bel paio di occhialini 3d, quelli che hanno fatto sognare generazioni di cinefili-ludici, e passare in rassegna immagini stereoscopiche (qui e qui). I più tecnoentusiasti possono anche creare immagini in proprio con una macchina digitale… i più pigri invece non devono nemmeno costruire gli occhialini, per loro
c’è la stereoscopia oziosa

–> charles mons

–> swell 3D

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