grazie ad un valido blog di immagini, scoptophilia, ho scoperto i miei nuovi idoli la mia nuova regina nel panorama noise.
video da guardare… fino al quinto minuto
–> immagini da scoptophilia e da last.fm
–> album pink eye, scaricabile
Il termine KINKY si utilizza per definire una modalità che si pone tra il bizzarro e ciò che l’ortodossia etero definisce come deviato, pervertito.
Pawel Jaszczuk, già incontrato, offre un saggio visivo di KINKY nipponico
–> galleria completa
tra i nuovi progetti di Erika Lust segnalo Barcelona Sex Project
–> video scaricabili
–> Silvia Rubi
“tutte le identità non sono che simulate, prodotte come un effetto ottico, attraverso un gioco più profondo che è quello della differenza e della ripetizione“
Gilles Deleuze, Differenza e ripetizione
Ho sempre nutrito un’insana passione per il mostracismo, la teratologia, per tutta quella componente politicamente rivoluzionaria contenuta nell’orrido, nell’antiestetico, nel coraggio del mostro ovvero il non conforme ai canoni che decide di mostrarsi. Ho anche sempre creduto che il mostro nel suo manifestarsi si trasformasse nel manifesto etico di tutto quello che l’estetica del “bello e buono” rigetta. Per questo ho sempre apprezzato le fotografie di freaks, nani (adoro i normalissimi nani di Herzog!), i reietti di Diane Arbus e ora scopro il lavoro di Scot Sothern, LOWLIFE. Low life non è l’insieme delle vite di basso profilo (più che low dovrebbe essere lumpen-life) è l’insieme dei corpi modificati dal disagio sociale, da vite difficilmente sopportabili; è l’insieme di corpi che significano, che hanno significato, attraverso i segni indelebili che (sop)portano: le rughe di Anna Magnani, i corpi punk costretti a sanguinare, i segni delle costrizioni, del lavoro… delle vite che scorrono.
Il mostro ha la stessa sfacciataggine dell’opera d’arte che ti obbliga a guardarla e a stupirti di essa, con essa. Suscita reazioni: il moralista è preso da compassione, l’antimoralista da vergogna, la vergogna di aver distolto lo sguardo, di essere inorridito o la vergogna positiva di sentirsi parte di quella società che ha creato le condizioni per l’esistenza del mostro. In fondo le isole sono definite da tutto il mare che si trova loro intorno.
E’ l’estetica dell’ibridazione (penso anche a Crash di Cronemberg) che deve sempre interessare più di ogni altra cosa, è sempre quel fenomeno di sovrappiù rispetto alle due nature di partenza che incorpora a creare la ricchezza di una nuova natura. Transizione. La ricchezza della transizione e della perversione, il mostro esteriore e quello interiore.
… e in tutto questo rientra positivamente la transizione da Lifetype a WordPress, con tutti i suoi segni.
presentazioni
Una sera a cena mi parlano bene di un libro (Sii bella e stai zitta. Perché l’Italia di oggi offende le donne) di Michela Marzano, filosofa. Non la conoscevo. Sfoglio e trovo un capitolo sulla pornografia e tra il secondo e il dessert mi sono già fatto una pessima idea. Dopo questo incontro fortuito ho visto la scrittrice-filosofa da Gad Lerner e in qualche altra trasmissione, all’improvviso i media italiani scoprono una paladina del femminismo relegata in gallia e che ora ha attraversato le alpi come una novella Annibale accademica.
A Marzano garba poco il porno ma non è questo ad infastidire, è una posizione rispettabile; è piuttosto lo sguardo morale che getta su un mondo che conosce a malapena e che giudica solo per le evidenti ed innegabili escrescenze purulente presenti sul corpo della macchina pornografica ad infastidire.
Marzano non distingue gli effetti del sistema produttivo hardcore dall’attitudine alla sessualità hardcore.
la macchina dello sfruttamento
Per molti aspetti la sua posizione è bizzarra quanto incoerente. Non prende ad esempio posizione sul difficile problema delle donne col velo (hijab e niqab) dicendo, vado a memoria, che ci sono casi in cui la donna sceglie serenamente di portare il velo per proprie convinzioni cultural-religiose e si sente da esso tutelata, protetta dall’invadente sguardo maschile però è pronta ad affermare che il mondo dell’hard è tutto violenza e sottomissione femminile*. Forse perché la sua esperienza pornografica ruota solamente attorno alla “silicon valley” di Los Angeles e non alle autoproduzioni dal basso, sovente gestite da donne (vedi seven minutes in heaven, indieporn etc…) o l’illuminante, recente, esempio di rielaborazione e riappropriazione del porno: il laboratorio di postpornografia multimediale, tentativo di svincolare la produzione erotica dalla gogna fascistoide di cui è spesso vittima.
Sarebbe come dire che tutto il mondo della prostituzione è sfruttamento… per carità, la maggior parte lo è, ma diverse rappresentanti di gruppi di prostitute sono pronte ad affermare che esistono anche donne che scelgono liberamente la professione. Il vero problema è se da una posizione morale si è disposti ad accettare che esistano donne che autodeterminano il proprio uso del corpo nelle formulazioni che a loro più aggradano. Se da un lato l’uomo machista desidera la donna-puttana, dall’altro, la donna moralista è pronta ad accettare la sconvolgente realtà che esistano delle donne a cui piace essere puttane?
Prosegui la lettura…
Commenti recenti