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leggermente fuori fuoco

27 Aprile 2010

Durante lo sbarco in Normandia, ad Omaha beach, c’era anche Robert Capa. Un grande fotografo. Era reporter di guerra per l’agenzia Magnum. La leggenda vuole che in fase di sviluppo dei rullini della sua Contax il tecnico commise più di un errore e che del lavoro di Capa si salvò gran poco. Quello che si riuscì a recuperare fu pubblicato con il coraggioso titolo Slightly out of focus, leggermente fuori fuoco. Tra le altre storie ricordo di aver letto un’altra versione della storia: la macchina che Capa stava usando durante lo sbarco subì un forte impatto che determinò il disassamento delle lenti e, di conseguenza, la sfocatura degli scatti.
Forse la realtà è ben più semplice… a volte la mano non sta ferma e il "fuori fuoco" diventa un mosso d’autore.

Il mosso di Omaha beach è il mosso umano, il mosso panico, la mano che trema più veloce del tempo di scatto della macchina. C’è poi il mosso per carenza di luce, il mosso per il movimento… è sempre una questione di tempo, un tempo di scatto eccessivo rispetto al tempo dell’accadimento che ci appare, improvvisamente, di fronte.
Mentre il fuori fuoco ha a che fare con lo spazio, ai piani di sviluppo degli eventi, il mosso ha a che fare con il tempo. In qualche modo sono entrambi parte di una mancata adesione alla realtà; di più: è una impreparazione rispetto alla realtà. Lo spavento, la sorpresa fanno spalancare l’occhio e mandano per un istante fuori fuoco l’immagine, si perde il fuoco sulla situazione. Una fotografia sbagliata non ha atteso il fenomeno ma è caduta vittima
del noumeno.
C’è qui una intenzionale confusione tra mosso e fuori fuoco, in fondo si tratta di saper cedere all’inganno, al trompe l’oeil direbbero i galli, si tratta di competere con Zeusi e Parrasio* o rimanere a bocca aperta in un silenzio catatonico. Si tratta di sfidare la realtà superandola o cedervi, riconoscendo la propria impreparazione di fronte all’evento, cedere all’oblio del mosso e del fuori fuoco, tutte caratteristiche del sogno.

–> shibari – pawel jaszczuk 

 

 

 
 
 
 

* «Si dice che costui (Parrasio) sia venuto in competizione con Zeusi, il quale presentò un dipinto raffigurante acini d’ uva: erano riusciti così bene, che alcuni uccelli volarono fin sulla scena [i dipinti erano di norma esposti in teatro]. Lo stesso Parrasio, a sua volta, dipinse un drappo, ed era così realistico che Zeusi – insuperbito dal giudizio degli uccelli – lo sollecitò a rimuoverlo, in modo che si potesse vedere il quadro. Ma non appena si accorse del suo errore, con una modestia che rivelava un nobile sentire, Zeusi ammise che il premio l’ aveva meritato Parrasio. Se infatti Zeusi era stato in grado di ingannare gli uccelli, Parrasio aveva ingannato lui, un artista».

(Plinio Il Vecchio, Storia Naturale XXXV 65-66)

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  1. Klem
    27 Aprile 2010 a 22:21 | #1

    “Una fotografia sbagliata non ha atteso il fenomeno, ma è caduta vittima del noumeno”, bella questa frase Fastidio.

    Leggendo questo post riflettevo che i concetti fotografici testé esposti si potrebbero applicare anche a tutto ciò che è irrazionale nella nostra vita.
    Parlo in particolare dei sentimenti, dei desideri e delle emozioni.
    L’impreparazione rispetto ad una realtà improvvisa, e magari totalmente inaspettata, ci fa perdere il polso della situazione.
    Non riusciamo più a gestire in modo razionale -con un occhio ob(b)iettivo- la gioia o la sorpresa o il dolore che ne derivano.
    La nostra vista cede il passo al “mosso”, all’interpretabile e il nostro contatto con la realtà diventa “fuori fuoco”, dunque per sua stessa natura impreciso.
    Tutto sta poi a vedere se si tratta di un bel sogno o di un incubo.

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