robo fetish
Le persone sagge fuggono l'umano, anche nel sesso. Il grande Emile Cioran, che tesseva l'elogio del mondo minerale e del suo silenzio, sarebbe d'accordo con questo assunto. Di dildonica si è già parlato, toccando però solo tangenzialmente il porno robotico di cui le fucking machines sono solo una pallida metafora nata forse per eludere l'illegalità della vendita di vibratori elettrici in diversi paesi degli Stati Uniti.
Fuggire l'umano significa cercare la copula altrove, nell'assolutamente artificiale. La propria mano, pur con guanti in lattice, sarabbe ancora troppo umana e infilare i genitali nel pastamatik non è sempre consigliato. Certo, il robot è prodotto umano, ma a sua volta concepito nell'immaginario come superamento stesso dell'umano. Ubermensch, il robot dovrà riprodursi da sè, questo nel sogno fantastico dei tecno-robo-entusiasti. Si libererà dal lavoro e dal servilismo (dal "robota" che lo ha definito e per cui è stato plasmato) e svilupperà proprie forme riproduttive ed emozionali; blade runner in questo è paradigmatico e non nasconde l'emergenza della dimensione sessuale degli organismi a base di silicio e carbonio. Nel frattempo, ci piace pensare il robot come schiavo sessuale – "I am your automatic lover" diceva lo scatolotto umanoide a Dee D. Jackson ancora nel '78 – ci piace immaginarlo come l'unico partner appagante e ossequioso (attenzione: sfugge al rapporto sado-masochistico perchè è sempre obbediente, non necessita punizione e quindi non legittima il padronato), come nel video Metal Finger in my Body degli Add N to (X).
Il robo-feticismo, che più che feticismo in senso freudiano va considerato come parafilia, ha certamente a che fare con l'agalmatofilia, ma solo in minima parte. E' bene chiarire. Forse gioca questo ruolo soprattutto se vissuto dal lato maschile della barricata pubica e quindi più orientato al momento reificante del rapporto con l'oggetto – per l'appunto – sessuale. Ecco dunque fantasie sessuali dirette alla "cosa" sessuale in cui l'importante è il fatto che sia inanimata (inumidita ma inanimata) o comunque dotata di interruttore che possa essere spento a piacimento, spento al calare dell'erezione, o riposto nell'armadio. Di qui il florilegio di real dolls sempre più real ma rigorosamente senz'anima, di real women sempre più dolls (ma questo va bene) e di electric barbarella varie, con tasto ON/OFF nella schiena per il Plug&Play.
La donna invece si figura il robofeticismo come passione sessuale maggiormente imperniata attorno ad un uso variegato e reiterato e ad un servilismo (dal lato robotico) continuo… una fornifilia d'ammore, un vero e proprio maggiordomo da trombare a necessità, al premere del tasto rosso: quello con scritto FUCK. Si potrebbe quasi tentare un parallelismo etimologico di questo tipo: il robot è per il maschio un dispositivo, qualcosa atto a disporsi e quindi a disposizione, il robot nell'accezione feticistica femminile invece si avvicina di più ad uno strumento, a un qualcosa da istruire (latino instruere), a cui insegnare di volta in volta ciò che deve fare e quindi solo nella peculiarità sessuale è disposto ad essere dispositivo. ON/OFF. L'uomo cerca un dispositivo, è infatti attratto dalle donne disposte e che si dispongono, la donna necessita strumenti per conseguire uno scopo. Comunque: ON/OFF.
–> robo erotica
–> elenco storico delle sex-dolls
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