cristina | isabella

6 Maggio 2010 1 commento

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leggermente fuori fuoco

27 Aprile 2010 1 commento

Durante lo sbarco in Normandia, ad Omaha beach, c’era anche Robert Capa. Un grande fotografo. Era reporter di guerra per l’agenzia Magnum. La leggenda vuole che in fase di sviluppo dei rullini della sua Contax il tecnico commise più di un errore e che del lavoro di Capa si salvò gran poco. Quello che si riuscì a recuperare fu pubblicato con il coraggioso titolo Slightly out of focus, leggermente fuori fuoco. Tra le altre storie ricordo di aver letto un’altra versione della storia: la macchina che Capa stava usando durante lo sbarco subì un forte impatto che determinò il disassamento delle lenti e, di conseguenza, la sfocatura degli scatti.
Forse la realtà è ben più semplice… a volte la mano non sta ferma e il "fuori fuoco" diventa un mosso d’autore.

Il mosso di Omaha beach è il mosso umano, il mosso panico, la mano che trema più veloce del tempo di scatto della macchina. C’è poi il mosso per carenza di luce, il mosso per il movimento… è sempre una questione di tempo, un tempo di scatto eccessivo rispetto al tempo dell’accadimento che ci appare, improvvisamente, di fronte.
Mentre il fuori fuoco ha a che fare con lo spazio, ai piani di sviluppo degli eventi, il mosso ha a che fare con il tempo. In qualche modo sono entrambi parte di una mancata adesione alla realtà; di più: è una impreparazione rispetto alla realtà. Lo spavento, la sorpresa fanno spalancare l’occhio e mandano per un istante fuori fuoco l’immagine, si perde il fuoco sulla situazione. Una fotografia sbagliata non ha atteso il fenomeno ma è caduta vittima
del noumeno.
C’è qui una intenzionale confusione tra mosso e fuori fuoco, in fondo si tratta di saper cedere all’inganno, al trompe l’oeil direbbero i galli, si tratta di competere con Zeusi e Parrasio* o rimanere a bocca aperta in un silenzio catatonico. Si tratta di sfidare la realtà superandola o cedervi, riconoscendo la propria impreparazione di fronte all’evento, cedere all’oblio del mosso e del fuori fuoco, tutte caratteristiche del sogno.

–> shibari – pawel jaszczuk 

 

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distaccamento

22 Aprile 2010 3 commenti

La giustapposizione di estasi e razionalità si traduce nel distaccamento… e si sappia che scrivo questo post solo per togliermi lo sfizio di iniziare una frase con la pomposa parola "giustapposizione". Ho realizzato un sogno linguistico. Grazie.

Il distaccamento (uso distaccamento per tradurre fedelmente detachment) è lo sguardo perso di un* slave che ha subito mezz’ora di fistfucking. Non può essere altrimenti. Lo stesso sguardo non si rileva sul volto di un monaco zen in meditazione. Non è lo stesso distacco, è diverso. Il distaccamento spirituale è sopravvalutato, è noioso, è facile. Puzza di menefreghismo ed esclusione. Esclude la materialità, i legami, le sensazioni, la fisicità in senso generale. Si eleva dimenticando come sia bassa la terra, per citare mio nonno (terza elementare, mente eccelsa); mentre bisogna sempre rimanere fedeli alla terra.
Il distaccamento di cui parlo è la ragione che interviene immediatamente dopo il momento estatico, ha il sapore hegeliano del "superamento", non dimentica nulla, trasforma, trattiene, porta con sè. Ricorda. E’ il rapimento. E’ il perdersi nella città di cui parlava Benjamin, il non ritrovare coordinate note mantenedosi però sempre all’interno di un sistema materiale. Si sa da dove si è partiti, si sa dove si è, si ignora come ci si è arrivati.
Il distaccamento è una sospensione razionale dell’estasi, trattiene il sospiro dell’anima razionale: è l’asphyxophilia del sistema dopaminergico mesolimbico. Ok, ho esagerato. E’ estraniamento. Presto o tardi tornerà all’unico godimento mistico, quello della carne. Presto o tardi riaprirà la diga che trattiene la dopamina e si tornerà ad essere marionette in preda ai meccanismi biochimici. Ma prima del crollo gli occhi sono sbarrati e il cervello si dedica ad altro nel superamento temporaneo delle fatiche, della gravità e degli attriti del corpo.

sandra torralba

–> sandra torralba: estranged sex

–> riichi yamagichi: a sense of detachment

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materialismo al tramonto

13 Aprile 2010 2 commenti

Parafrasando egocentricamente il genio di Frank Zappa: fastidio non è morto, sa solo un odore strano…
Fastidio è più psicotico del solito e sente le voci; ultimamente non sopporta i suoi propri pensieri quindi si affida al silenzio e alla vita nascosta. Tace e dal rumore delle sue idiozie mentali riconosce solo i lucidi e saggi ragionamenti altrui.

Tornerà quando la banalità lo abbandonerà e smetterà di parlare in terza persona come un qualsiasi ducetto italiota.

Per chi ha voglia di perdere dieci minuti in argomenti di filosofia politica, incolla un buon articolo di Rocco Ronchi (da Il Manifesto, 11 aprile 2010)

 

 

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black XXX-Mas

22 Dicembre 2009 2 commenti

Favola di natale tra blaxploitation, antropofagia e cappuccetto rosso. Di Pieter Van Hees.


 
 

we are our own devil

11 Dicembre 2009 1 commento

Georgina Spelvin si racconta, dopo 35 anni, nel nuovo video Paradise Circus dei Massive Attack.
Innamorata dello sguardo della telecamera, passò alla storia del porno anni Settanta con la pellicola The Devil in Miss Jones.

"We are our own devil"

 
 

grey’s anatomy

2 Dicembre 2009 Commenti chiusi

Sasha Grey shot by kernA Sasha Grey piace Godard. Anche a me piace Godard.

Sasha Grey è stata fotografata da quel genio punk di Richard Kern. Io no, ma mi piace Kern.

E’ una porno attrice che mescola tratti di consapevolezza alla Annie Sprinkle (sebbene ne sia purtroppo molto distante) con una spiccata attitudine nerd-mediatica anarcoide. D’altronde è giovane ed è nata con una tastiera sulle ginocchia.

Fautrice del sesso estremo, già questo fa simpatia, ha appena girato un film a basso costo per Sodebergh e probabilmente sarà una cazzata di film a giudicare dal trailer. Però lei è la ragazza porno della porta accanto (come evidenzia Kern), anzi, nella foto a fianco deve averle detto "adesso ti faccio uguale a Daria Bignardi".

Sasha è la dirimpettaia a cui chiedi lo zucchero e alla fine si finisce a parlare di come fare un buon clistere.  

 

–> sito ufficiale

–> sito non ufficiale 

–> video biografia

–> intervista sul nuovo film

–> foto di Richard Kern

–> foto varie

–> video online: the kinky sex slave

–> altro materiale intellettuale

[–> bonus per i trekkers]

mi piace ricordarla così:

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fotocopia anatomica

24 Novembre 2009 1 commento
copy_slut1

Tutti ci abbiamo messo almeno una mano. A pensarci bene pure la faccia; sicuramente. Da lì a capire che ogni parte del corpo è fotocopiabile il passo è breve. "Tutto quello che proietta ombra è fotocopiabile" deve aver pensato il signor Xerox.

L’essere umano è di poco sopra al bonobo nella scala evolutiva per il semplice fatto che oltre ad impiegare utensili ne rileva quasi immediatamente il risvolto ludico, più spesso sessuale. Si pensi al vibracall.
La fotocopiatrice accompagna le nostre grigie vite di colletti bianchi da ormai 25 anni, ed è l’emblema della riproducibilità all’infinito di un oggetto in due dimensioni. Se si volesse fotocopiare un oggetto a tre dimensioni (o più, se qualche fisico si trovasse a leggere questo post) si dovrebbe rinunciare almeno ad una di esse. Il risultato è lo schiacciamento di profondità. Schiacciamento e deformazione per l’esattezza. La fotocopia di una parte anatomica risponde alla domanda "come mi vede un oggetto su cui mi appoggio?"… o più semplicemente sottolinea che Secretary è solo un film e che il resto è noia onanistica. Pura fenomenologia eliografica.

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d’amore si vive

14 Ottobre 2009 4 commenti

Stalin, la Nike e il burattinaio

25 Settembre 2009 9 commenti
http://www.youtube.com/watch?v=bY5mg0TJEDU


In un’edizione del 1939 di Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin, Giuseppe Stalin appuntò in matita rossa:

1) Debolezza, 2) Indolenza, 3) Stupidità. Sono le uniche cose che si possono definire vizi. Tutto il resto, in assenza dei summenzionati, è senza dubbio virtù. NB! Se un uomo è: 1) forte (spiritualmente), 2) attivo, 3) intelligente (o capace), allora è buono a prescindere da qualsiasi ‘vizio’! 1 e 3 uguale a 2.*

"’bello’ non ti farà vincere nessuna partita. Mai". Questi sono due grandiosi esempi di etica amorale. Sintetizzano, forse lo spot della Nike ancor meglio delle note di Stalin (anticipatrici della filosofia nike), la differenza tra etica e morale.
Segue tediosa dissertazione bignami-filosofica.
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