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Archivio per la categoria ‘feticismi’

rossetto e cioccolato

12 Ottobre 2007 9 commenti

La colonna sonora di questo post culinario: ornella vanoni, lo so, già questo è hardcore puro.
Ora lo scopo del post, vero esperimento sociologico: il dott. fastidio propone delle reazioni ad un particolare video che si chiama "two girls, one cup": uno, due, tre, quattro, cinque
poi, chi vuole, mette a prova la propria deviazione con il video stesso. Si può anche scaricare da qua nel caso il server fosse lento. Buona visione 

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Categorie:feticismi Tag:

estetica teen

9 Ottobre 2007 2 commenti

http://www.willmurai.com/Il genere teen legalmente diffuso è pura finzione, soprattutto dopo la stretta di controlli data negli Stati Uniti all'industria dell'hardcore. La finzione si esprime attraverso l'estetica; e, per chiudere il sillogismo, il genere teen si basa ormai puramente sull'estetica. Mentre a livello maschile la giovinezza è esteticamente espressa dall'assenza di pelo (quindi è anche difficilmente conseguibile), a livello femminile si ricorre ad escamotage più esteriori. Gli ingredienti per fare una teenager sono: codine laterali da scolaretta, magari con annesso completino da liceale, frangetta (e grazie anche alle varie starlette del vintage viviamo una vera e propria renaissance della frangetta bettie-page-style); aggiungete qualche brufolo vero o finto che sia e, soprattutto, l'opera d'arte della giovinezza: l'apparecchio ortodontico. Senza apparecchio ("braces" per chi vuole cercare su gugol) non si è teenager, un vero must del lolitismo.
Un tempo portare l'apparecchio era una vera e propria stigma sociale, ingenerava difetti temporanei di pronuncia e catalizzava nelle proprie circonvoluzioni metalliche tutte le patatine PAI della scuola. Oggi invece è FASHION, è colorato, e anche gli adulti lo indossano. E' così sdoganato che in Tailandia – la notizia è già piuttosto datata – hanno dovuto vietare la vendita di kit fai da te di finti apparecchi.
L'apparecchio, associato all'età in cui generalmente viene applicato, diventa dunque feticcio – e io ci aggiungo pure il ruolo della saliva che cola nell'iconografia braces, attrattore simbolico di sessualità che per iper-moralismo non trova sfogo (perché se il soggetto ha diciottanni ok ma se li compie tra un mese allora sei pedofilo); vera e propria sineddoche a rappresentare la giovinezza, è il residuo resistenziale delle tecnologie correzionali che nel novecento costringevano i bambini in busti, corsetti, raddrizzagambe etc… in nome di un corpo diritto (dal la radice greca orth-), come la morale, come l'ortodossia (l'"opinione retta").

–> beauty&braces 

–> naked wonderland

–> down under darlings

–> xpirin 

 

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Categorie:feticismi Tag:

non di solo latex vive l’uomo

7 Marzo 2007 Commenti chiusi

latex dominatrixNon esiste feticismo senza oggetto di godimento, senza feticcio. E vista l'eziologia psicologica di tale particolare attaccamento è piuttosto evidente che quello del latex sia un feticismo assolutamente indotto. L'equazione fetish=latex è molto diffusa quanto fuorviante.
Anzitutto per molti studiosi il feticismo è essenzialmente legato al senso dell'olfatto (non a caso nel feticismo dei piedi, questi ultimi vengono preferiti sporchi e male odoranti). Nel retifismo, feticismo delle calzature, spesso il godimento deriva dall'odore e dalla tattilità del cuoio e della plastica prima ancora che dalla visione. In secondo luogo il feticismo nasce dalla inconscia associazione tra momento (appartenente all'infanzia) in cui qualcosa è accaduto ed eccitamento sessuale provato in quel medesimo istante.
Internet, non potendo far leva su tatto ed olfatto, esprime ogni sorta di feticismo visivo, ed unicamente tale, legato ad una situazione particolare in cui sia presente l'oggetto del primigenio godimento. Tralasciando i feticismi "banali" (grassezza/magrezza, pelosità diffusa, giovani/vecchi, pissing/vomiting/scat etc…) segnalo alcune bizzarrie, come la passione per le ragazze che si ravanano il naso. Altre, anche più approfondite, seguiranno nelle prossime puntate.

–> donne con libri

–> donne che dormono

–> donne con occhialoni 

–> donne che bevono vino 

–> donne che bevono té

–> donne che si scaccolano 

–> la reginetta italiana del rutto 

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Categorie:feticismi Tag:

voglio una donna, modello ikea. ovvero: sulla forniphilia

25 Gennaio 2007 12 commenti

table-girlDue grandi strade attraversarono e segnarono la fine degli anni 60, due strade apparentemente inconciliabili: l'incipiente rivoluzione sessuale e il design, ovvero la rivolta sociale contro i costumi pregni di morale borghese e l'espressione assoluta dell'estetica capitalista. Al loro incrocio andò a porsi, come monolitico capitello, l'opera di Allen Jones, scultore britannico, incompreso e osteggiato, soprattutto dal pubblico femminile (e femminista) dell'epoca. Jones prende l'immagine femminile e la reifica, al suo massimo grado. La donna diventa un mobile, nel senso di mobilia, una donna-ikea, diremmo oggi contestualizzandolo. Le sue sculture sono donne-tavolino, donne su cui sedersi, donne porta oggetti. Addirittura l'artista va oltre il concetto di donna intesa come oggetto puramente sessuale e la oggettifica privandola dell'anima. Nella mappatura dei fetish si chiama forniphilia, dall'inglese furniture (mobilia) + philia e rappresenta una ramificazione specifica del bondage su cui non voglio appositamente aprire parentesi che per essere esaustive finirebbero con l'annoiare.
Le opere di Jones ispirarono la scenografia del Korova Milkbar, in Arancia Meccanica; nello psichedelico bar Alex e i suoi drughi si rilassavano in compagnia di un bicchierone di lattepiù stillato dai seni di donne-distributore prima di abbandonarsi ad un po' di sana ultraviolenza. E non è assolutamente un caso che le sculture di Jones si incontrino con le visioni di Kubrick. Il messaggio viaggia sullo stesso binario, l'arte è un doma-sguardo (dompte-regard, Lacan), ti obbliga a guardare – "Tu veux regarder? Eh, bien vois ça"* – e dice: questa è la nostra dimensione di convivenza sociale, quella dell'ultraviolenza quotidiana (che è la stessa che mette in pratica lo Stato), della reificazione della donna (che è la stessa che mette in atto la società tardocapitalista). In questo senso è chiarissima la testimonianza di Marzbow, artista del suono giapponese, in merito al bondage: "Molte persone pensano che il bondage rappresenti la realizzazione dell'ossessione di violenza e stupro sulle donne. La violenza e lo stupro, se consideriamo la polizia, l'esercito, la scuola e altre forme istituzionali di potere, sono attività umane considerate 'normali'. Il bondage invece non è una 'normale' attività. Dev'essere 'anormale' dunque. Il bondage è la parodia e l'anti-forma dell'autorità. La gente non afferra questo punto."**chair girl
Insomma il saggio indica la luna ma lo stolto guarda il dito. Dietro ogni rappresentazione estetica feticistica (la prassi può essere un'altra cosa) si cela un messaggio multiforme che viaggia a stretto contatto con l'immersione nella civiltà del consumo e della tecnica. I feticci sono oggetti in cui il valore di scambio non coincide più con il valore d'uso, e vengono ricoperti di libido e fluidi libidici.
Ad un secondo sguardo non si percepisce più nell'opera di Jones una semplice sottomissione del genere femminile. Le donne di Allen Jones sono assolutamente inermi; sono addirittura inorganiche. Questo passaggio all'inorganico, allo scarto non più degno di essere sacrificato, permette tutto. In epoca nazista, ad esempio, molte donne ebree furono obbligate alla prostituzione nei bordelli destinati alle SS (cliccare su CONTINUA in fondo a questo post per leggere un recente articolo a riguardo). L'iniziale dilemma ideologico nazionalsocialista di come usufruire delle puttane messe a disposizione dovendo però evitare i contatti con razze impure fu presto superato: le donne ebree non erano da considerarsi essere umani bensì oggetti. Stücke, pezzi, scriveranno poi sui carri piombati diretti ai campi di sterminio. E' questo il rischio di una società che non considera alla pari tutti gli esseri viventi, sia essa dominata dal nazionalsocialismo o dal capitalismo liberale. La pornografia, nel suo livello più radicale e comunicativo, può essere anche una modalità per far emergere le contraddizioni nei costumi sessuali; comunque, rappresenta l'emergere di un bubbone purulento sulla faccia pulita del benpensante.
In quest'ottica si possono leggere le parole della femminista Luce Irigaray quando dice che "Ci sarebbero molte altre domande da fare ai pornografi. Senza per questo sollevare la questione se si è 'favorevoli' o 'contrari' alle loro pratiche. Dopo tutto, meglio che la sessualità sottesa al nostro ordine sociale si eserciti apertamente, piuttosto che lo comandi dal luogo delle sue rimozioni. Chissà che, a forza d'esibire senza pudori, la fallocrazia ovunque regnante, non diventi possibile un'altra economia sessuale. La pornografia come 'catarsi' del dominio fallico? Come svelamento della soggezione sessuale delle donne?"***
Rendere quindi manifesta ogni contraddizione, interpretando Irigaray, sempre, se vogliamo accettare il fatto che di contraddizione si tratti. Se la pornografia sia da considerarsi espressione della fallocrazia, del dominio maschile (del patriarcato, si diceva), la si mostri, proprio per sottolineare sotto ogni aspetto, anche quello esplicito, il modello opressivo imperante. Se invece, in alternativa, la pornografia è vista come espressione di libertà e motore di liberazione, allora ci sarebbe un motivo ulteriore per liberare la visione dai ceppi della morale theocon.
Il divieto, il rimosso che insiste per tornare a manifestarsi, è l'unico elemento di devianza, e sta sempre dalla parte del potere (anche quando è donna).

* J. Lacan, Il seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi, Torino, 1979, p.103 

** citato in phinweb.blogspot.com

*** L. Irigaray, Questo sesso che non e' un sesso, Feltrinelli, Milano, 1978, p.168

       

–> approfondimento Allen Jones

–> house of gord

–> forniphilia.info 

–> video forniphilia 

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