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Posts Tagged ‘philosophy’

lo sguardo proibito nella camera

25 Giugno 2008 7 commenti

Lo sguardo in camera (da presa) è un assoluto tabù del cinema. Lo sguardo in camera (da letto) un must della pornografia.
Chi violi con intelligenza queste due leggi fa la differenza. Perché? E quale meccanismo destabilizzante si cela in questa perversione?
Prendiamo Kubrick, che più di altri conosceva il potere dello sguardo; Full Metal Jacket, seconda parte, Vietnam, una troupe di giornalisti gira un documentario sulla guerra in corso. I soldati colpiti dall’obiettivo come fosse un proiettile esploso da un AK47 puntato su di loro, salutano, imbambolati, partecipano al film, come gli idioti piazzati dietro al giornalista in diretta, creano diversi piani di realtà, vengono fagocitati dall’occhio cinematografico come soldati e sputati come attori nella surrealtà del conflitto. "Are you John Wayne? This is me". Il regista di guerra dice loro di NON guardare nella camera ma proseguire come se essa non esistesse. Ma è praticamente impossibile essere se stessi con un’arma puntata contro.
Spesso si ha la sensazione di essere osservati, percepiamo lo sguardo altrui e d’un tratto ci giriamo e incrociamo lo sguardo che ci faceva avvertire una strana sensazione (Merleau-Ponty conosceva alla perfezione questa dinamica). In qualche modo si è sempre visti ancora prima di essere vedenti. Ma questo non deve accadere nel cinema, non può essere svelato.

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Categorie:parallelismi Tag:

censura estetica

16 Gennaio 2007 Commenti chiusi

I serial che ultimamente vanno per la maggiore (chi ha il satellite se ne sarà accorto) sono sicuramente quelli di ambientazione medica. Tralasciando le fortunate serie non mediche C.S.I. e Lost si possono citare il recente Dr. House, Grey’s Anatomy, il sempre eccellente Scrubs, Nip/tuck, Bodies (grande serie britannica che titilla i gusti dei più raffinati voyeuristi della ginecologia estrema), Medical Investigation… e altri nipotini di E.R.. Con la vita d’ospedale il plot è facile a scriversi: le malattie sono migliaia, siamo tutti un po’ ipocondriaci, è più facile solleticare i sentimenti piagnucolosi e ne consegue l’immediatatezza del meccanismo mimetico o catartico. E’ tutto più semplice, va solo condito con i personaggi giusti. In una società sempre più medicalizzata, la presa sul pubblico è assicurata. Pillole di tutti i colori ci assicurano la felicità e il bisturi arriva là dove la chimica arretra.
ComaIl reality medico (in qualche modo inaugurato da trasmissioni come Il brutto anatroccolo e il successivo Bisturi, nessuno è perfetto) oltrepassa l’irrealtà percepita nei serial non essendo nient’altro che uno snuff movie legalizzato, con l’inevitabile vantaggio di non generare alcun senso di colpa. Il reality siamo noi, lo spettacolo è il nostro vicino che si fa riprendere. In esso la chirurgia estetica filtra come una passeggiata verso il benessere del corpo mutato e mutilato. Siamo tutti potenziali farfalle e il bisturi del chirurgo di Beverly Hills, il dott Rey di Dr. 90210, anche lui bellissimo e perfetto come un dio greco, incide il bozzolo della crisalide e il lepidottero dispiega le ali e sorride, finalmente felice, allo specchio, ritrovando quell’immagine ideale che si era costruito di sè sfogliando le pagine di una rivista di moda. Quasi mai una sottolineatura sul dolore che si deve sopportare per arrivare a questa rinascita, mai un “non lo rifarei per nulla al mondo”. In Extreme Makeover ci si rifà tutto assieme: naso, tette, liposuzione e denti bianchi; tutto nel carrello della spesa estetica, acquistabile anche online. Il dolore è la strada per la felicità (e ricorda molto la sofferenza redentrice del più becero cristianesimo, e si pensi al capolavoro del cinema gore: la passione di Cristo). Ma questo è ancora secondario visto che al teatro telegiornalistico del dolore, sempre altrui, siamo abituati fin dalla tenera età.
La cosa davvero ipocrita è la censura insensata di fronte a questi corpi che scelgono di farsi massacrare per il pubblico ludibrio catodico. Loro firmano per farsi riprendere, trasformando una scelta estetica individuale assolutamente da rispettare in uno spettacolo per molti annoiati dello zapping, noi pigiamo il canale per vedere come viene succhiato dall’aspiratore tutto il grasso che li ricopre. Pregnant EnemaMa, attenzione, di fronte ad un addome rivoltato e ad un chirurgo che ne svuota la massa lipidica con la foga libidica di un invasato che si getti di peso a pugnalare il cadavere dell’avversario, i capezzoli e i genitali vengono censurati (vedere il video per credere. Sì, “beutiful, beautiful, beautiful fat. This is gold.” dice il Dott. Matlock entusiasta dell’aspirazione che permetterà alla ragazza brasiliana di avere un culo finalmente degno della sua nazionalità). Il nuovo seno viene ipotizzato con la grafica 3d poi vengono segnati i percorsi d’incisione e sutura e successivamente viene inciso, rivoltato, farcito e richiuso ma su l’areola mammaria si stende un velo di pietosi pixel, a sfumare il carattere sessuale che in nessun modo va rappresentato in tv.
Questo è esattamente quello che va inteso per pornografia: mostrare le interiora, ma non il capezzolo o il pelo pubico perché sarebbe una violazione della privacy della persona, una focalizzazione sessuale perversa che è bene lasciare all’immaginazione bavosa del salotto di ogni casa perbene.

Nella prossima puntata medica: la diffusione della chirurgia estetica sessuale

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bin laden goes porn!

27 Novembre 2006 3 commenti

Nell'ormai sempre più ampio panorama del warporn si afferma sempre con sempre maggior insistenza l'immaginario pornomusulmano. La lettura di questo fenomeno secondo un'ottica post Abu Ghraib diventa quanto mai chiara.

Un articolo indaga con una certa profondità sull'utilizzo propagandistico-politico del medium pornografico nei confronti del mondo musulmano. La nudità a tema arabo viene oggi enfatizzata, ed etichettata ad hoc sottolineandone la componente religiosa, componente che, fino a pochi anni fa non veniva presa in considerazione. Delle regole del mondo musulmano si sa abbastanza, se ne discute e fanno scalpore soprattutto i veli. Dice la Sura 33: "Oh Profeta! Dì alle tue spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si ricoprano dei loro mantelli, questo sarà più atto a distinguerle dalle altre e a che non vengano offese …" (Cor. sura XXXIII, 59). Le donne fedeli all'islam si velano, per violarle occorre dunque svelarle a chi famigliare non è, mostrarle secondo una sorta di stupro culturale. Lo hijab viene così eroticizzato dallo sguardo bavoso dell'occidente.
Se nei primi anni  '90  si  nascondevano le radici arabe delle starlet del porno (Tabatha Cash, ad esempio), oggi si punta ad esaltarle al massimo grado. Addirittura è documentato come a partire dal 2000 i produttori porno Israeliani abbiano arruolato manovalanza dai lineamenti arabeggianti per girare film destinati al mercato interno. Nel 2003, SexStyle, la più grande casa di pornoproduzione israeliana, ha rilasciato il primo porno dedicato alla comunità arabo-israeliana. Come riporta Joshua Cohen nell'articolo The Chosen Peephole: Jews can do Porn just as badly as Everyone Else, pubblicato nel luglio 2006, dietro molti siti porno finalizzati alla raccolta di materiale "musulmano", si nasconderebbe la CIA: “angry-white-man-on-Muslim-woman material has proliferated since the first Gulf War.” Perchè? Il motivo è duplice. Da un lato è invalso dal XX secolo l'utilizzo della pornografia come arma psicologica di massa per colpire il nemico. Non a caso si parla di "scontro di civiltà" (tra una civiltà ipocritamente "liberata" nei costumi e la domenica tutti a messa e una costretta al medioevo culturale islamico?) e non a caso in un episodio di documentato di cracking, un sito di hamas è stato farcito di materiale pornografico, come se, ad un tratto, ci ritrovassimo tutti a dare un valore burlesco al porno, se utilizzato per brutalizzare una cultura considerata barbara e nemica.
Dall'altro lato scatta quel meccanisco ben descritto da Slavoj Zizek in cui si obbliga il mondo musulmano, il nostro "altro", a passare attraverso i propri riti brutalizzanti per riuscire a fagocitarlo culturalmente e quindi annichilirlo, soddisfando, nella nostra inconscia economia libidica, la nostra invidia per quel "nonsoche" di godimento che il mondo arabo ci sottrae, l'object petit a di cui parla Lacan. Non a caso il genere porno beurette, l'araba musulmana che scopre  il proprio corpo e lo svende all'occidente che in qualche modo la libera dalle costrizioni dei costumi dei padri, si sviluppa nella Francia della polemica sul velo, nella Francia delle banlieu in fiamme, di quella difficile integrazione social-culturale dovuta ad un imperialismo, prima sul suolo d'Africa e poi sulla cultura. Quello che era – ed è – l'Ebreo, che è stato il Sovietico, oggi è rappresentato dall'Arabo, un nemico che ci sottrae del godimento (denaro, donne, lavoro, libertà). In questo senso l'esperienza di Abu Ghraib è una sorta di rito cui "l'altro" di turno viene sottoposto per farlo partecipare all'oscenità della propria società. Il primo gradino è la brutalizzazione animal-sessuale, il secondo sarebbe riempirgli la bocca di hamburger. Questo è il lato osceno della società occidentale.

 

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