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psychopathia sexualis IV – urolagnia

4 Giugno 2007

molly peeingBere urina non fa certo male. Anzi, per molti è un'ottima terapia (pare anche preventiva contro il cancro) e ne consigliano il consumo quotidiano. Guardando alla composizione chimica è come bere gatorade autoprodotto. Se poi è della pipì di maometto che si tratta, allora della sua purezza e bontà è stata recentemente data garanzia dal gran muftì d'Egitto in persona. La stessa Bibbia, Libro dei Profeti 5:15, raccomanda: "Bevete l’acqua dalla vostra stessa cisterna, l’acqua che scaturisce dal vostro stesso pozzo". C'è poi tutta la dimensione ludica che non sto qui ad affrontare visto che il web ne è pieno, dalla pioggia dorata al giapponesissimo omorashi.
Tra i bei ricordi d'infanzia rimane incastonata nel diadema delle mie pervertite rimembranze la pietra miliare delle rockbitch (link al video in fondo al post) che fanno dei sani gargarismi di piscio e poi sputano l'urina sul pubblico. Non esiste miglior modo per trasmettere il proprio calore interiore alle persone che si amano.

caso 161
X., ventiquattro anni russo, impiegato, di madre nevropatica e padre psicopatico. E' intelligente, di delicato sentire, costituzione normale, aspetto gradevole e maniere cortesi; non ha sofferto malattie gravi. Afferma di essere nervoso fin dall'infanzia: come la madre, ha l'occhio nevropatico e risente, da qualche tempo, disturbi cerebroastenici. Si lamenta amaramente della perversione della propria sessualità, che lo spinge sempre alla disperazione, gli toglie ogni stima di sé e potrebbe indurlo al suicidio.
L'incubo, che pesa su di lui e lo tormenta con una certa regolarità  ogni quattro settimane, sarebbe un desiderio contro natura di farsi mingere in bocca da una donna. Interrogato sull'origine di tale perversione, comunicò i fatti seguenti, interessanti per l'importanza che hanno dal punto di vista patogenetico. Quando aveva sei anni, stando a scuola in una classe mista, gli avvenne di passare una mano sotto al podice di una bambina seduta accanto a lui: egli ne risentì una sensazione gradevolissima e ripeté all'occasione l'atto medesimo con ugual risultato. Il ricordo di situazioni gradevoli di tal genere ebbe da allora una parte preminente nelle sue fantasie.
Quando aveva dieci anni, un'istitutrice lo strinse contro il proprio corpo, spinta da libidine, e introdusse un dito di lui nella propria vagina. Quando di lì a poco portò per caso il dito al naso, provò un piacere intenso all'odore che ne emanava. Per connessione con l'atto di libidine di cui era stato oggetto, si sviluppò in lui la rappresentazione, carica di voluttà , di essere legato e di giacere tra le cosce di una donna, costretto a dormire sotto il podice di lei e a berne l'urina. A partire dai tredici anni queste fantasticherie disparvero del tutto. A quindici anni il primo amplesso, seguito da un secondo l'anno dopo, normali tutti e due, e senza le rappresentazioni suddette. A corto di denaro, soddisfaceva la grande concupiscenza con la masturbazione. A diciassette anni riapparvero le rappresentazioni pervertite, che divennero sempre più potenti e che ormai venivano combattute invano. A diciannove anni X. cedette al loro impulso. Provò la massima voluttà nel farsi mingere in bocca da una donna, dopodiché le si unì in un amplesso, e da allora ogni quattro settimane, regolarmente, provava il bisogno di ripetere la situazione.
Dopo soddisfatto il proprio stimolo pervertito, aveva vergogna di se stesso e provava profondo disgusto. Era cosa eccezionale che l'eiaculazione sopraggiungesse durante l'azione pervertita, tuttavia durante quest'ultima egli aveva un'erezione fortissima e, se l'eiaculazione non sopraggiungeva direttamente, egli passava a soddisfarsi col coito.
Negli intervalli fra gli stimoli impulsivi e prepotenti, egli si sentiva completamente sgombro da ogni pensiero pervertito, e neppure gli veniva l'idea di rapporti feticisti. In tali intervalli la concupiscenza è debole e si soddisfa in via normale, senza rappresentazioni pervertite. E' capitato molte volte a X., quando lo prendeva il bisogno dell'atto pervertito, di dover viaggiare ore e ore per recarsi dalla campagna alla capitale, a soddisfare il bisogno stesso.
Molte volte X., dotatosi sentimenti elevati, tentò di resistere all'istinto, ma inutilmente, perché ebbe un'inquietudine tormentosa e angosciosa, tremore, insonnia che, divenute insopportabili, lo obbligavano a ricevere a ogni costo sollievo alla tensione psichica mediante soddisfacimento dello stimolo. Ma poi i rimorsi di coscienza e il disprezzo di se medesimo ritornavano, esacerbandosi fino a una stanchezza della vita veramente inquietante. Queste lotte interne hanno reso l'infelice nevrastenico; egli lamenta un indebolimento della memoria, distrazione, incapacitò  mentale, pesantezza alla testa. La sua ultima speranza è che l'arte medica riesca a liberarlo della sua orribile tendenza e a riabilitarlo moralmente di fronte a se stesso.

caso 162
W., quarantacinque anni, tarato, già  a otto anni era dedito alla masturbazione. A partire dall'età  di sedici anni saziava la propria libidine col bere l'urina recente di donne. Ciò facendo provava tanta voluttò  da non sentire né odore né sapore. Dopo aver bevuto aveva ogni volta disgusto e malediva, e formulava con tutta sincerità  il proposito di non più ripetere l'atto in avvenire. Una sola volta provò lo stesso piacere nel bere l'urina di un ragazzo di nove anni, con cui aveva praticato una volta la fellazione. Il paziente soffre di disturbi mentali epilettici.

 

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